Un po’ di silenzio

L’antica saggezza che arriva da molto lontano si era già espressa sul punto in termini eloquenti: «Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire».

Vi sono contenute verità non banali: infatti, la tendenza parolaia, alimentata dalla potenza dei social e in generale della tecnologia, non distingue più il vero dal falso, non si pone minimamente il problema del male che possiamo fare a una persona con quelle parole che assomigliano a pietre, dell’utilità di ciò che stiamo andando a dire.

Il silenzio, appunto: questo valore inestimabile per le nostre vite; questa risorsa fondamentale per la nostra dimensione interiore, spirituale, meditativa; questa bellissima opportunità per rientrare in noi stessi, verificare il cammino, progettate il percorso futuro; questa esigenza sempre più avvertita da tanti, in risposta alle dinamiche rumorose e assordanti che rendono complicate e difficili le nostre giornate. 

Viva il silenzio, dunque, da sempre molto celebrato anche nell’universo dell’arte e della letteratura.

Il silenzio ci restituisce, con enormi interessi, tante cose importanti, a partire dalla salute che invece viene scossa, e messa a rischio, dall’eccesso di rumori. Esso può avere diversi significati. Per esempio, segnala anche il blocco della parola, la scarsa voglia di parlare con l’altra persona, un certo livello di inquietudine e ansia.

«Il silenzio dell’invidioso fa molto rumore» affermava infatti il grande poeta Gibran: si tratta di un silenzio scuro, che allontana le persone invece di avvicinarle. E non abbiamo bisogno di allungare l’orecchio per percepirlo: è molto rumoroso.

Non per questo il silenzio può essere classificato come il contrario della comunicazione, anzi. Il silenzio è l’antitesi del rumore, ed è il presupposto della parola. I danni dell’eccesso di rumore possono essere tanti e non riguardano soltanto la salute fisica, ma anche il nostro equilibrio mentale. Assordati, perdiamo lucidità e serenità. Silenzio, per favore, potremmo dire oggi. Ne abbiamo bisogno, assolutamente: quando il frastuono ci sovrasta, quando i clacson delle auto suonano senza ragione, quando proviamo a concentrarci e non ci riusciamo perché qualcosa disturba il nostro cervello. Quanto ci manca, molte volte, tutti i giorni, il silenzio.

Ci sembra un oggetto irraggiungibile, fragile e prezioso, che non riusciamo ad afferrare, circondati come siamo da una serie di elementi esistenziali che nei fatti ce lo negano, troppo spesso. È il silenzio che consente di rilassarci, alzando allo stesso tempo i nostri pensieri e regalandoci attimi di sintonia con il mondo. Tutti abbiamo bisogno del silenzio. Un bene essenziale, come l’ossigeno per respirare e l’acqua per non morire di sete.

Lo sprechiamo, invece, costretti come siamo nella gabbia quotidiana di suoni e di rumori, alcuni inevitabili e altri invece frutto soltanto di cattive abitudini. Frastornati da grandi rumori, ma anche schiacciati da piccoli suoni, quelli dei gesti e delle consuetudini più semplici, ripetuti e fastidiosi laddove potrebbero essere evitati, con un di più di avvertenza, disponibilità e gentilezza.

Il silenzio che ha bisogno della solitudine, non come isolamento e distacco dagli altri ma come un’esigenza di pura e semplice quiete, ha una potenza rigenerativa ormai accertata da anni da diversi studi scientifici. In sintesi: grazie al silenzio si rigenerano le cellule cerebrali e nella zona dell’ippocampo si sviluppano nuove cellule che possono diventare neuroni. Da qui l’aumento della memoria e della creatività, e anche delle capacità di apprendimento. Il rumore eccessivo e inutile soffoca la nostra intimità, i nostri pensieri, il nostro benessere. Insomma, abbiamo bisogno del suono discreto, amabile e costruttivo del silenzio, ossia, “the sound of silence”, come recitava il titolo della canzone più celebre del duo Simon & Garfunkel, uscita nel 1964, ormai sessant’anni fa. Va ribadito peraltro che il primo spreco legato all’eclissi del silenzio riguarda la salute.

Secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale per la Salute, infatti,  le persone con problemi all’udito nel 2001 erano mezzo miliardo, entro il 2030 saranno il doppio. Alle cause consuete, il lavoro e il traffico, aggiungiamo ormai anche il divertimento, che con il rumore si è trasformato in un virus che travolge il nostro tempo libero, lo spazio che dedichiamo al sonno, al piacere, alle vacanze. Alla stessa riflessione, perché il pensiero ha bisogno del silenzio, e se dilaga il rumore è molto probabile che anche i nostri pensieri risultino disordinati e compulsivi. Il secondo spreco, che spesso consumiamo nelle mura domestiche, è una perdita di serenità, di piacere esistenziale. Di una pace anche interiore, che non deve necessariamente passare per un’oasi naturale o un ritiro spirituale, ma che possiamo conquistare anche abbassando il volume della televisione o di una discussione in famiglia.

E’ nata persino l’Accademia del silenzio, un’associazione che vuole «diffondere l’ecologia del silenzio nei luoghi di vita, contro l’inutile rumore». La parola inglese che traduce l’italiano rumore è “noise”, che deriva dal latino nausea. L’etimologia rende bene l’idea del fastidio provocato dai rumori inutili. Oggi più che mai, dunque, per le nostre persone, per le nostre comunità, serve un po’ di  silenzio, occorre abbassare i toni, ritornare all’idea civile e serena dell’ascolto, del dialogo, della pacata energia interiore, fecondi tutti di autentico bene.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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