L’uomo, con il proprio lavoro, modifica incessantemente la campagna; la natura, per contro, alla prima occasione non esita a riappropriarsi degli spazi che le sono stati sottratti. Da questa incessante contesa nasce e si evolve il paesaggio agrario italiano, un patrimonio di cui l’eminente storico Emilio Sereni (1907 – 1977) ha colto il valore storico, culturale e ambientale.
Il recente sviluppo tecnologico, se da un lato ha migliorato le condizioni di lavoro degli agricoltori aumentandone anche i profitti, dall’altro ha recato profonde ferite alla campagna, anche a quella veneta. Il caotico alternarsi fra colture intensive e selve disordinate non ha più nulla a che vedere con il romantico paesaggio rurale pedemontano celebrato da Andrea Zanzotto, dipinto da Luigi Serena e costellato dalle magnifiche ville palladiane.
Come nelle favole a lieto fine, quando tutto sembrava perduto, la passione e la tenacia di un uomo hanno sottratto un fazzoletto di campagna trevigiana a un immeritato oblio. Fiorenzo Caspon, imprenditore, da bambino camminava fra i campi di Fanzolo, frazione di Vedelago; quando si è reso conto che il paesaggio nel quale era cresciuto stava scomparendo non ha esitato a passare dalle parole ai fatti.
Sostenuto dalla famiglia e da pochi fidati collaboratori, esponendosi in prima persona anche economicamente, dal 2009 ha realizzato un singolare puzzle fatto da 110 campi, circa 60 ettari, nei quali ha piantumato qualcosa come 7.500 alberi. “Sono le mie piante, le conosco tutte e sono pronto a servirle come fossero i miei figli” afferma Fiorenzo accarezzando con lo sguardo le cortecce rugose e le foglie mosse dalla brezza settembrina. La campagna è un susseguirsi di prati cinti da siepi di acero campestre e di carpino che offrono riparo a numerosi uccelli. Un picchio verde attraversa rapido lo spazio aperto prima di trovare rifugio fra i rami di un frassino. “La parte più impegnativa del lavoro consiste nella pulizia dei canali” prosegue Fiorenzo, “la loro acqua è vitale per le piante, ma si ostruiscono facilmente. E almeno ogni due o tre anni gran parte degli alberi è da potare”.
Sui bordi dei canali prosperano i salici, gli stroper, un tempo preziosi alleati dei contadini per legare le viti e confezionare cestini. “Nella mia mente ho il disegno fedele di come erano queste campagne cinquant’anni fa. Se posso salvo il salvabile, altrimenti acquisto gli alberi e ricreo il paesaggio di un tempo”. Nei campi di Fiorenzo si coglie un’armonia senza tempo e nulla è lasciato al caso. Fra tutte le essenze il gelso è quella che suscita maggiore emozione. Giovani o centenari, il tronco cavo che offre riparo alla civetta, le foglie di un verde scuro inconfondibile, i moreri allineati presidiano le terre di Fiorenzo come fossero tante pacifiche sentinelle. “Se vengo a sapere che qualcuno ha intenzione di espiantarli, senza esitazione li acquisto e li porto qui” dice Fiorenzo. “Sono alberi straordinari ai quali un tempo si maritava la vite, indispensabili per alimentare i bachi da seta e utili per far ombra al letame”. Alcuni esemplari hanno duecento anni e Fiorenzo quasi si commuove mostrando i segni di una potatura eseguita da contadini appartenuti almeno a due generazioni prima della sua.
A ripagare Fiorenzo di tanti sforzi sono piccole e grandi cose: le cince che tornano a nidificare, i girini che pullulano in acque finalmente pulite, la magia estiva delle lucciole; ma soprattutto la felicità degli scolari in gita fra le “sue” piante. “Qui tutti possono accedere liberamente, in ogni momento. Non servono permessi, basta aver voglia di osservare la natura e rispettarla”.
Fiorenzo ha coronato il suo sogno più grande, quello di sentirsi libero. I suoi campi ogni giorno gli riservano un dono: un nido, una melagrana matura, le foglie che mutano il colore con l’arrivo dell’autunno. Non si tratta solo di questo: da quando ha intrapreso questa avventura, Fiorenzo ha constatato che la qualità dell’ambiente è migliorata e a testimoniarlo sono i risultati di autorevoli ricerche scientifiche.
Nella quotidiana perlustrazione dei campi non può mancare una sosta ai limiti di un appezzamento di tre ettari nel quale fioriscono il rafano, la zinnia, la facelia, la ginestrella. Fiorenzo osserva rapito tanta bellezza, ma d’improvviso si affaccia su una roggia, capisce che le foglie la stanno intasando. Si china, apre una chiusa e l’acqua riprende a scorrere libera. C’è ancora molto da fare prima che cali la sera.
(Autore: Marcello Marzani)
(Foto e video: Simone Masetto)
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