Percorrendo la fascia meridionale della piana opitergina giungiamo a Gorgo al Monticano, comune di 4.000 abitanti ubicato a circa trenta chilometri dalla città di Treviso.
Citato nell’antica cartografia come “Gurgo o gurgos molendinorum”, il paese possiede un toponimo chiaramente collegato con le acque impetuose e la pratica molitoria. In effetti gorgo deriva dal latino gurgus inteso come vortice o mulinello e l’utilizzo dell’energia idrica per muovere le pale dei mulini trova conferma nell’emblema civico sul quale campeggiano tre spighe di frumento attraversate da una banda argentata che evoca l’acqua.
Denominato inizialmente Gorgo, dal 1886 il comune ha assunto la specificazione “al Monticano” in virtù della vicinanza all’omonimo fiume il cui idronimo pare legato alle espressioni “monticare” e “monticazione” a causa della provenienza del rio da luoghi montuosi. Altre ipotesi mettono in relazione il toponimo Monticano con la transumanza delle greggi condotte in montagna costeggiando il corso del fiume o, teoria molto vaga, con la figura di un tale Monticanus, proprietario terriero.
Gorgo al Monticano fa parte dei cosiddetti comuni sparsi, ovvero realtà territoriali frammentate in più abitati ciascuno con una propria individualità: nello specifico si tratta delle frazioni di Navolé e Cavalier. Il primo toponimo si crede legato al “navium lectum” un letto di navi che rimanda a epoche antiche nelle quali erano numerose le imbarcazioni che risalivano i fiumi per caricare legname e altre merci. Cavalier invece potrebbe avere a che fare con arcaiche attività di cambio delle cavalcature a favore dei mercanti diretti a Oderzo.
La campagna gorghense, un tempo punteggiata da casoni coperti d’erbe palustri usati per la bachicoltura e da mulini ad acqua, conserva pregevoli ville venete lambite dai resti della perduta foresta planiziale. La nostra escursione si conclude nella parrocchiale di Cavalier, edificata nel Trecento e dedicata a san Daniele. Qui ammiriamo un affresco raffigurante santa Lucia risalente al XV – XVI secolo e un ciclo di diciotto raffigurazioni religiose settecentesche scoperte incidentalmente nel corso di alcuni lavori di restauro.
Lasciamo la terra delle acque tumultuose e dei mulini gustando pane e formaggio: non un formaggio qualunque, ma il celebre imbriago o inbriago. La leggenda narra che questo prodotto sia nato per caso durante la Grande Guerra quando si nascondevano le forme sotto la vinaccia per metterle in salvo dalle razzie dei soldati affamati. Oppure, che l’immersione nelle vinacce fosse uno stratagemma per risparmiare l’oliatura della crosta. Il risultato è comunque eccellente e l’assaggio di questo formaggio dalla curiosa scorza violacea e dal cuore giallo paglierino ci restituisce le forze necessarie a proseguire le nostre esplorazioni.
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