Toponimi della Marca trevigiana, Salgareda: una passeggiata fra i salici alla ricerca della casa delle fate

Il toponimo di oggi: Salgareda
Il toponimo di oggi: Salgareda

A metà strada fra Oderzo e San Donà di Piave incontriamo Salgareda, comune di oltre 6.500 abitanti il cui emblema civico racchiude l’essenza del luogo: il grappolo d’uva a ricordare la vocazione vitivinicola, la fascia azzurra ondulata che richiama il corso del Piave e un salice dalla chioma ricadente e inconfondibile.

Siamo di fronte a un fitonimo, un nome geografico legato a un’essenza botanica. Le diverse fonti consultate riconducono Salgareda a lemmi latini quali salicetum (saliceto), Salix (salice) o dialettali come salger, salgaro o salghér. Il paese insomma avrebbe ereditato la propria denominazione dalla straordinaria abbondanza di salici nelle sue campagne. Tenuto conto che il genere Salix annovera centinaia di specie, pare che, nel caso specifico, si tratti del salice caprino o salicone (Salix caprea),un albero che può superare i dieci metri d’altezza e che prospera in terreni molto umidi. Noto come gat nel trevigiano e nel bellunese, il salicone è particolarmente appetito dalle capre, è utile per il consolidamento dei pendii franosi e possiede una corteccia ricca di salicina.

Contesa da potenti famiglie quali gli Ezzelini e gli Scaligeri, come molte altre comunità venete Salgareda sperimenta prima il dominio della Serenissima e successivamente quello napoleonico. La prossimità alle sponde del Piave la pone in prima linea nel corso della Grande Guerra. Ed è proprio nella notte del 24 dicembre del ’17 che Salgareda diviene protagonista di un episodio surreale eppure ritenuto veritiero: pare che i soldati austroungarici, stanchi di combattere, abbiano invitato gli italiani a sospendere il tiro per trascorrere in pace almeno la vigilia di Natale.

Raggiunto il greto del Piave, teatro di tragedie ed eroismo, andiamo alla ricerca di un edificio particolare, la Casa delle Fate nella quale trascorse gli ultimi anni della propria esistenza lo scrittore vicentino Goffredo Parise (1929 – 1986). Qui ci lasciamo incantare da un luogo nel quale “respirare il senso del tempo”, “un piccolo Eden profumato di sambuco, dove il vento leggero e già fresco volteggiava insieme ai molti uccelli…”.

Un luogo nel quale Parise si lascia incantare dai suoni della natura: “A pochi metri, su un altro salice picchia il picchio, con quel movimento del becco come la piccozza del minatore o dello scalatore di vette”. Il sole sta per tramontare e a malincuore dobbiamo lasciare Salgareda con le sue straordinarie suggestioni; per mitigare la malinconia della partenza solleviamo un calice di Traminer vinificato in loco, i cui sentori floreali e suadenti ci permettono di apprezzare appieno la magica atmosfera di quella casetta rosa, circondata dai roseti e dai sambuchi, all’ombra dei salici.

(Foto: Wikipedia).
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