Una vita da mediano, questa è la sintesi della carriera di Francesco Casagrande (nella foto a sinistra contro Michel Platini in occasione di Juventus-Sampdoria stagione 1982-83).
L’ex centrocampista di Mareno di Piave, celebre negli anni da calciatore anche per la folta capigliatura e i baffi vistosi, ha giocato per club importanti di Serie A, distinguendosi per la sua inesauribile generosità nell’accollarsi il pesante lavoro di raccordo e sostegno alla manovra.
Le sue squadre principali sono state Cagliari, Fiorentina, Sampdoria, Como e Padova, collezionando 182 presenze e 13 reti in Serie A, chiudendo la carriera con la Virescit nel 1989.
Per quanto riguarda invece la carriera da allenatore, ha avuto interesse soprattutto ad allenare i settori giovanili, lavorando in quello della Sampdoria, guidando i Giovanissimi Regionali, passando poi per l’Angelo Baiardo, Vazzolese e infine il Mareno Gialloblù (dal 2013 fino allo scorso anno).
Ora Casagrande ha deciso di prendersi un anno sabbatico per ricaricare le energie: “Ho voluto staccare la spina – spiega – Non avevo gli stimoli giusti e quando hai momenti così è giusto prendersi una pausa. Ovviamente in futuro vorrei avere di nuovo la possibilità di allenare i ragazzi, le gratificazioni arrivano soprattutto da loro”.
Al momento la situazione Covid non aiuta sia per le società dilettantistiche sia per i tantissimi ragazzi e talenti che vogliono emergere in ambito locale: “E’ un momento durissimo per tutti – sottolinea Casagrande – Per i giovani c’è il rischio che, magari anche chi ha talento, non possa “spiccare il volo” e magari perdere interesse nel calcio. La speranza è che tutto questo possa finire il prima possibile e che si possa tornare presto alla normalità“.
Accantonando per un attimo il presente, Francesco ha parlato della sua importante carriera da centrocampista che lo ha portato a calcare campi prestigiosi, sfidando stelle e anche leggende.
L’ex giocatore infatti ha raccontato un annedoto particolare, fu tra i primi in Serie A a sfidare e marcare Diego Maradona, scomparso qualche settimana fa, in occasione di uno storico Fiorentina-Argentina 3-5 ad agosto del 1981, quando ancora il Pibe de Oro non giocava in Italia.
“Fu una partita bellissima, – ricorda – all’epoca giocavo alla Fiorentina (all’inizio della stagione 1981-82, quella dello scudetto vinto dalla Juve e perso dalla Viola all’ultima giornata) e il Franchi era stracolmo di gente. Anche se solo un’amichevole io mi impegnai molto per fermare Diego, il mio compito era di marcarlo a uomo e, ammetto, che ci riuscì molto bene, infatti vide poche volte la palla. Ma è stato uno dei match in cui faticai di più, era praticamente impossibile fermarlo. L’unico modo era non fargli arrivare pallone, se gli concedevi anche solo qualche centimetro e ti affrontava frontalmente era finita“.
“Poi ebbi l’occasione di sfidarlo nuovamente nei suoi anni d’oro – spiega Casagrande – ma non fu l’unico campione, ricordo con piacere anche le sfide contro la Juventus, dove affrontai Michel Platini, oppure la Roma di Falcao. Insomma, furono anni fantastici, costellati da grandi risultati: ricordo ancora con piacere la vittoria della prima Coppa Italia della Sampdoria nella stagione 1984-85″.
Ma qual’è il segreto per arrivare a quei livelli? La risposta è semplice: “Innanzitutto non ci arrivi per caso in A – precisa – bisogna saper superare i momenti duri, che capitano sempre nella carriera di un calciatore, la mentalità e l’attenzione al fisico sono fondamentali. Io ho masticato diversi campi da quelli della Serie D fino alla B e alla A e questo mi ha aiutato con il tempo”.
Francesco ha anche dichiarato di essersi trovato bene in tutti i team con cui ha giocato: “Veramente non saprei scegliere il posto in cui mi son trovato meglio perchè sono stato bene ovunque – racconta – A Cagliari ad esempio, dove ho giocato di più in termini di anni, ho bellissimi ricordi, i sardi sono un popolo fantastico e ogni qualvolta si giocava in casa era uno spettacolo, il Sant’Elia faceva paura“.
“Ricordo con piacere anche gli anni alla Fiorentina come dicevo – continua – lo scudetto perso all’ultimo brucia ancora purtroppo (ironia della sorte fu fatale il pareggio nostro a Cagliari, mia ex squadra) e ovviamente gli anni alla Sampdoria, dove ponemmo le basi per il team del futuro (che vinse qualche anno dopo lo scudetto e arrivò in finale di Champions League), dove incontrai dei giovanissimi Gianluca Vialli e Roberto Mancini, capìì subito che sarebbero potuti arrivare in alto”.
“Infine non dimentico nemmeno l’esperienza al Como (dove venne lanciato un giovane Stefano Borgonovo) – conclude – che, all’epoca era una società di media classifica ma con buone ambizioni, arrivammo a una storica semifinale di Coppa Italia. Diciamo che la mia carriera è stata bellissima a livello di emozioni e non ho rimpianti”.
(Fonte: Luca Collatuzzo © Qdpnews.it).
(Foto: Francesco Casagrande – web).
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