“Per regolamenti e ‘burocrazia’ ne usciremo sconfitti (pagando le inevitabili conseguenze disciplinari). Ma per principi, valori e Fair Play, le nostre Tose ne escono ancora una volta vincitrici e a testa altissima”. Scrive così la Permac Vittorio Veneto calcio femminile sulle pagine del proprio sito. Il commento si rivolge al mancato svolgimento, lo scorso 17 aprile, della semifinale di ritorno di Coppa Italia Serie C contro la Riozzese.
“Gli impegni lavorativi di diverse (troppe) ragazze non ci consentono di affrontare la trasferta in terra lombarda – aveva annunciato la società con un comunicato – Una sconfitta per lo sport in generale e soprattutto per il movimento e la crescita del calcio femminile. Non si può costringere ragazze che studiano e lavorano ad impegni infrasettimanali di tale importanza”. Un messaggio forte quello lanciato dalla Permac, giunto anche sulle pagine della stampa nazionale.
Il direttore generale Giovanni Bolzan (primo da destra nella foto sotto), il capitano Francesca Da Ros (terza da destra nella foto sotto) e l’ex giocatrice oggi team manager Alice Casagrande (seconda da destra nella foto da sotto), sono passate a trovarci in redazione per raccontare lo sconforto per un “disguido” che è valso una stagione e parlare con Qdpnews.it dello stato attuale del calcio femminile, spesso ancora vittima di pregiudizi, ma in costante ascesa.
QDP. Lo scorso aprile avete dovuto rinunciare alla semifinale di ritorno di Coppa Italia Serie C contro la Riozzese a causa di un mancato spostamento della partita. Cosa è successo?
GB. Già in occasione dei quarti siamo stati costretti ad una trasferta di 24 ore in corriera di mercoledì. Abbiamo vinto ma subito abbiamo segnalato la nostra difficoltà a giocare un turno infrasettimanale, avvisando la Federazione che nel caso fosse ricapitato saremmo andati in contro a grosse difficoltà. Purtroppo le date sicuramente erano già state fissate ad inizio stagione, ma bastava un po’ di buon senso. In fase di pre-sorteggio ci eravamo accordati con la squadra avversaria tramite un gentlemen’s agreement per spostare entrambe le partite: se per l’andata si è potuto ovviare poiché di nostra competenza, facendo anticipare il maschile al sabato per aver libero il campo alla domenica, e rispettare l’impegno preso, per il ritorno, purtroppo, non c’è stata la stessa disponibilità.
QDP. Lo spogliatoio come ha reagito a questa situazione?
AC. Da quando sono a Vittorio Veneto, non mi era mai successa una cosa simile. La nostra è una società che non si è mai tirata indietro alle richieste di spostare una partita, nemmeno un’amichevole. Per tutte le ragazze è stato strano non poter scendere in campo per giocarsi una semifinale nazionale, che oltretutto ci eravamo meritate sul campo. E’ mancato il rispetto in primis per le ragazze della nostra squadra e di quella avversaria, e per la nostra società nel complesso.
FDR. Dispiace perché non è la partita, è vedere vanificato il sacrificio di una stagione intera: è rinunciare a qualcosa che ti sei guadagnato con il sudore, chiedendo permessi al lavoro o svegliandoti alle cinque di mattina per scendere in campo con le gambe stanche dal viaggio. E’ vero, all’andata avevamo perso 1-0, ma la qualificazione non era assolutamente compromessa. Scoccia, magari, sentirsi dire che potevamo organizzarci convocando ragazze del settore giovanile. Siamo arrivate dove siamo arrivate per vincere… e giocare una semifinale senza la rosa al completo è mortificante. La nostra società, dal canto suo, ha fatto il massimo e la ringrazio per la decisione sofferta che ha saputo prendere insieme allo spogliatoio.
QDP. Coppa Italia a parte, qual è il bilancio della stagione?
GB. Sicuramente positivo. Da quando sono arrivato cinque anni fa, la Permac ha sempre disputato campionati ad altissimo livello. Le ragazze hanno vinto un campionato di Serie B, sono arrivate none in Italia quello di Serie A, posizione di classifica che negli anni precedenti avrebbe significato salvezza. L’anno successivo, ad esempio, la squadra è arrivata seconda dietro ad una corazzata come il Sassuolo, all’epoca appena acquisita dal Sassuolo maschile con grossi investimenti.
QDP. Con la Serie A avete raggiunto il massimo…
GB. Il massimo… che non sarà mai più nemmeno ipotizzabile: al giorno d’oggi, con l’avvento delle squadre professionistiche, è diventato impossibile raggiungere un livello del genere. E’ così per la Serie A e fra qualche anno lo sarà anche per la Serie B. L’avvento delle società professionistiche è sicuramente un bene per il movimento, ma è tra virgolette un male per le piccole società come la nostra, che non possono competere con certi budget.
FDR. Una squadra che si affilia ad una società professionistica maschile ha sicuramente i suoi vantaggi, anche solo pensando a livello di visibilità e sponsorizzazioni. Ma questo crea un divario ancora più evidente con chi, come noi, si è sempre arrangiato con le proprie forze e con sacrifici disumani. Merito alla Permac perché, oltre ad avere una prima squadra in Serie C, può vantare un settore giovanile con numeri pazzeschi, capaci di competere anche con quelli di realtà di Serie A.
QDP. Qual è quindi l’obiettivo per i prossimi anni?
GB. Far crescere sempre di più il settore giovanile: il gruppo che cinque anni fa ha raggiunto la Serie A era composto in larga parte da ragazze cresciute nel vivaio. Mi piace sottolineare che quest’anno, oltre a chiudere al secondo posto il campionato di Serie C con la prima squadra, la Juniores ha vinto per la prima volta il campionato interregionale e si giocherà il titolo nazionale.
QDP. Il calcio femminile negli ultimi tempi sta crescendo e qualcosa anche in Italia si sta muovendo: basta pensare alle partite trasmesse su Sky, al suo avvento sul videogioco Fifa, o alla Juventus femminile che gioca una partita di campionato all’Allianz Stadium, davanti a 40 mila persone. Come vivete questo “momento storico”?
GB. La visibilità del gioco è sicuramente cresciuta: adesso, a differenza di cinque anni fa, ad esempio, le bambine sanno che esiste. Quando siamo andati in Serie A in città non lo sapevano nemmeno, o peggio, non sapevano nemmeno che a Vittorio Veneto esistesse una squadra di calcio femminile.
AC. E’ sicuramente un periodo di cambiamento, ma credo ci vorrà ancora molto tempo prima che il calcio femminile venga accettato come una cosa – tra virgolette – normale. Sarebbe un traguardo importante. A mio parere, manca ancora la mentalità giusta: per la mia famiglia è normale sentirne parlare, è abituata, ma se incontro qualcuno per strada questo fatica a credere che sto andando a giocare una partita di calcio. Ma è tutta una questione di visibilità secondo me: vedere una società come la Juventus investire sul femminile è un grande passo in avanti e porta la gente comune ad interessarsi.
FDR. Quello che manca in Italia, secondo me, è una certa cultura. Nel nostro Paese il calcio è lo sport più seguito ed è assurdo che quello femminile non venga accettato e contemplato, cosa che non accade negli Stati Uniti. Sono consapevole il nostro è un calcio più lento, ma questo non vuol dire che anche a livello tecnico non stia crescendo. Siamo sulla buona strada, ma credo che ancora non sia segnata totalmente perché probabilmente i primi a non crederci sono coloro chiamati a prendere decisioni. Riassumendo, penso ci siano ancora alcuni contrasti da risolvere, ma la situazione è sicuramente cambiata da quando ero più giovane.
QDP. Al tempo stesso, l’Italia femminile ha ottenuto la qualificazione al mondiale dopo vent’anni dall’ultima volta…
GB. Il calcio femminile, a livello nazionale, ha subito una scossa da quando è diventata commissario tecnico Milena Bartolini, una donna capace, che ha vissuto il movimento dal basso e che conosce le sue dinamiche.
QDP. Molte di voi, per mancanza di strutture, hanno cominciato a tirare i primi calci al pallone in squadra maschili: come avete vissuto questa situazione?
FDR. Parlo per me e la mia esperienza con il maschile è stata stupenda. Ho giocato dove hanno giocato i miei fratelli più grandi, dalla quinta elementare alla terza media. L’anno successivo, anche se potevo rimanere, ho deciso di passare al femminile insieme ad un’amica e all’inizio non ero molto convinta: stavo bene insieme ai ragazzi, sono sempre stata trattata benissimo, e mi dispiaceva lasciare il gruppo. Parlando con altre compagne di squadra, però, so che non è stata per tutte la stessa cosa.
QDP. Capitano, il ricordo più bello sul campo con la Permac?
FDR. Porterò sempre nel cuore la vittoria del campionato di serie B… è stata una stagione in cui tutto si è incastrato alla perfezione. Il nostro allenatore all’epoca era Sergio Fattorel, figlio di Franco, ex presidente morto nel 2007. E’ stata una scossa incredibile non solo per il calcio femminile di Vittorio Veneto ma penso per tutto il movimento veneto. Franco era un uomo conosciutissimo, nel 1982 fondò la nostra società per dare la possibilità di giocare alla moglie. Alla sua morte il Club è passato nelle mani della famiglia ed il figlio maggiore ha coronato il sogno del papà di raggiungere la Serie A. La mia più grande emozione è stata sicuramente quella. In generale mi ritengo serena e pacifica, con la Permac ho vinto davvero tanto tra campionati e coppe, segno che la società lavora bene non solo adesso, ma da parecchi anni.
QDP. Direttore generale, da uomo di calcio che ha vissuto entrambi: qual è la differenza tra calcio maschile e femminile?
GB. L’aspetto fisico, la resistenza e alcune giocate, come il tiro in porta. Quello che trovato nel calcio femminile, però, a differenza del maschile, è soprattutto una grande passione, quella che definisco a “pane e salame”. Se una donna sceglie, e soprattutto sceglieva, di giocare a calcio contro tutto e tutti significa che la passione è immensa. Due anni fa avevo fatto il calcolo che le ragazze della squadra nel complesso avevano percorso 700 mila chilometri per venire ad allenarsi, magari da Udine o da Padova con qualsiasi condizione atmosferica. I ragazzi, durante uno scatto in allenamento, se possono si fermano un metro prima, mentre le ragazze un metro dopo. Ho trovato anche maggiore sportività. Siamo noi uomini che sull’1-0 diciamo alle ragazze di perdere tempo, a loro il risultato non interessa. Da quando sono alla Permac, penso di aver assistito solamente ad un paio di espulsioni.
QDP. Qualche aneddoto in proposito?
AC. Lo scorso marzo ci giocavamo i quarti di finale di Coppa Italia contro il Campomorone. Al termine della partita di andata, in casa, abbiamo organizzato un piccolo terzo tempo, bevendo insieme uno spritz. Quando siamo andate a giocare il ritorno in Liguria, loro hanno fatto lo stesso con noi, offrendoci della focaccia genovese. E’ stato un bel momento, a maggior ragione considerando che loro avevano perso la qualificazione in semifinale all’ultimo minuto.
(Fonte: Mattia Vettoretti © Qdpnews.it).
(Foto: www.vittoriovenetocalciofemminile.it).
#Qdpnews.it