Sinergie Amatori Pieve quasi “Oro”, l’intervista al coach: “Noi come i Mavericks del 2011, ma senza titolo”

Una stagione da Cenerentola e un finale da Hollywood sfumato sulla sirena. La divisione Oro non è arrivata, ma poco importa: “Buona la prima”  per Sinergie Amatori Pieve (nella foto)  non è retorica. Al debutto nel campionato di Csi, la squadra di coach Ugo Bazzo ha superato ogni aspettativa, sfiorando l’impresa di centrare la promozione da matricola. E pensare che la scorsa estate, quando tutto è cominciato, in pochi ci avrebbero creduto.

Mossa dalla passione per il basket, la voglia di mettersi in gioco e di stare insieme, quella dei “Lovers” – così amano chiamarsi sui social – è una scommessa vinta. “Se la scorsa estate avrei mai immaginato una cavalcata simile? Sinceramente no… sarebbe stato un sogno – ammette coach Bazzo, ospite nella redazione di Qdpnews.it (a destra nella foto sotto)  – E’ vero, a metà stagione abbiamo cominciato a crederci davvero, ma non avrei mai pensato saremmo arrivati a giocarci l’accesso in divisione Oro all’ultimo quarto, all’ultimo secondo, all’ultimo tiro. In finale abbiamo trovato i Carisssimi Basketball di Treviso, sapevamo sarebbe stata una partita difficile, ed arrivare punto a punto sembrava impossibile. Non siamo partiti con l’intento di salire di categoria, volevamo semplicemente giocare e divertirci. La vittoria è sempre venuta in secondo piano, come stimolo per allenarsi con ancora più passione e formare lo spogliatoio. Diciamo che l’obiettivo ad inizio anno era semplicemente quello di creare un gruppo competitivo”.

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Alla vostra stagione è mancata solamente la ciliegina sulla torta. Cos’è andato storto in finale? A dieci secondi dalla sirena eravate comunque sul +1 con un possesso a favore… Avete qualcosa da recriminarvi? 
Sul finale no, semmai nella gestione della partita. Abbiamo perso ai supplementari, il che significa che sarebbe bastato un semplice canestro in più o una palla persa in meno per vincere. Ma parlare con il senno di poi è facile. Forse qualche tattica difensiva diversa o qualche cambio avrebbe potuto aiutare, ma giocare una partita secca contro una squadra attrezzata come i Carisssimi non è mai facile. Abbiamo pagato la poca esperienza, ma anche il fatto di non aver iniziato e finito la stagione con lo stesso roster: la formazione ha subito molti cambi nel corso dell’anno per motivi di lavoro o di infortunio.

La vostra squadra è nata la scorsa estate, quasi come una scommessa. Il roster è stato assemblato praticamente nel giro di due settimane. Com’è cominciato tutto?
Tutto è partito da una Prima divisione che non si è più concretizzata. Molti giocatori avevano ancora voglia di giocare e quindi abbiamo pensato di puntare al Csi, categoria sicuramente più sostenibile a livello di risorse, gestione della squadra e impegno. Era circa metà agosto e i problemi più grandi erano sostanzialmente due: trovare una palestra per gli allenamenti e le partite, perché ce ne sono molte in giro ma il più delle volte sono già impegnate, e trovare persone che avessero voglia di mettersi in gioco e magari tornare in campo dopo molto tempo. Quasi tutti i giocatori provengono dalle giovanili del Basket Pieve 94, “vecchie glorie” che hanno smesso di giocare o hanno continuato a farlo a livello di “campetto”, Prima divisione o Promozione. Centrare un simile risultato testimonia un tradizione cestistica del territorio non indifferente.

Sei giovane, ma sei cresciuto nella Vigor Conegliano e l’esperienza non ti manca. Qual è la differenza tra il basket amatoriale e di categoria?
Vissuta dall’interno, la Csi è diversa da quello che ci si aspetta. All’inizio pensavo che il livello fosse basso e invece mi sono dovuto ricredere: a livello tecnico ci sono giocatori davvero forti. La differenza con i campionati della Fip la fanno il ritmo di gioco e la velocità d’esecuzione, ma a livello tecnico non ci sentiamo inferiori a nessuno. Molti giocatori del Csi hanno un passato anche in Promozione, Serie C o D, e hanno deciso di scendere nell’amatoriale per il minore impegno che comporta.

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Com’è a 25 anni allenare un gruppo più vecchio? Solamente due giocatori sono più giovani di te…
All’inizio pensavo che la cosa mi avrebbe causato qualche problema, ma in realtà nessuno mi ha mai messo in discussione. Forse perché la voglia di giocare era tanta, così come quella di stare insieme, l’ambiente era sereno, e la passione ha sempre superato questa “barriera”. Ad inizio stagione avevamo fatto un patto secondo cui nessuno avrebbe dovuto garantire la presenza obbligatoria o avvertire pressioni. Volevamo solamente giocare a basket e questo ha sicuramente aiutato a creare un gruppo coeso.

E come si allena un gruppo composto da amatori, dove tutti si aspettano di giocare?
Non è facile, bisogna riuscire a valorizzare ogni elemento. Al nostro livello, ogni giocatore è “specializzato” in qualcosa: c’è chi tira da 3, chi attacca il ferro, chi difende, chi va a rimbalzo e via dicendo. In questo senso è necessario chiedere ad ognuno il meglio che può dare, non si può pretendere tutto da tutti. Solo in questo modo il singolo può sentirsi appagato e protagonista. Il mio rammarico, per come si sono messe le ultime partite, è stato quello di non aver potuto far giocare l’undicesimo o il dodicesimo uomo in panchina, non per demeriti sul campo ma per esigenze di gioco. E’ una cosa che purtroppo mi tengo dentro. Ciò non toglie che tutti nel corso della stagione abbiano potuto dare il proprio contributo, aiutando la squadra a compiere una cavalcata straordinaria, anche solo partecipando agli allenamenti.

In ogni caso per te non sarà stato facile, tra l’impegno nell’azienda di famiglia e quello come allenatore anche del mini-basket della Vigor ed il Basket femminile Conegliano…
Diciamo che negli anni ho maturato una certa organizzazione: la mattina ed il primo pomeriggio sono in azienda ed il resto del tempo ho imparato a gestirmelo. Il mini-basket mi occupa due metà pomeriggi alla settimana, lasciandomi l’altra metà per lavorare. Al Bfc ho chiesto un orario serale per cominciare gli allenamenti al massimo alle 19. Il fatto di allenare una squadra amatoriale ha il suo perché, nel senso che comunque mi impegna sempre nella tarda serata.

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L’inizio del campionato è stato un po’ difficile, poi alla quinta giornata è arrivata la prima vittoria, in casa, al termine di una splendida rimonta. Cosa è cambiato da quella partita? 
Fermandosi ai risultati verrebbe da dire che tutto è cominciato quel giorno, ma non è così. Siamo riusciti a creare una squadra competitiva fin da subito, anche se le prime gare abbiamo sempre perso. Alla prima giornata contro i Carisssimi, ad esempio, squadra che poi ci saremmo ritrovati in finale, abbiamo perso di 8 punti, ma a metà partita eravamo sopra di parecchio. Questo rende l’idea che un primo mezzo passo era già stato compiuto. Poi, contro Preganziol in casa, è arrivata la prima vittoria, un successo che ci ha dato coraggio, a maggior ragione recuperando nel finale. Ha dato più fiducia alla squadra, tant’è che da quella partita piano piano abbiamo incominciato ad ingranare e nel girone ritorno, finale play-off a parte, abbiamo perso solo una partita.

Quanto ha inciso, in questo senso, il mercato di gennaio?
Non c’è stato nulla di forzato: i nuovi giocatori per primi hanno voluto inserirsi nel gruppo, sempre con rispetto, e noi siamo stati bravi ad accoglierli nella maniera migliore. C’hanno dato una grossa mano, non tanto per la differenza sul campo, ma in quanto perfetti ingranaggi di un intero sistema. Eravamo in un momento di difficoltà, il roster a causa di infortuni ed impegni di lavoro era decimato, e l’arrivo di questi giocatori è stato una piccola fortuna. Nessuno di questi ha avvertito pressioni e chi faceva già parte del gruppo non si è mai sentito messo da parte, accogliendo i nuovi a braccia aperte.

Qual è la partita che vi ha fatto capire che i play-off non erano solamente un sogno?
Sicuramente la vittoria in casa contro Onigo, squadra davvero forte che ha meritato il secondo posto e la promozione. Lì ho realizzato che il livello si era veramente alzato e il gruppo ha preso consapevolezza che poteva vincere contro chiunque. All’andata ci avevano distrutti, ma al ritorno ce la siamo giocata punto a punto, vincendo di 16 sul finale.

Il segreto di questa stagione?
Crederci sempre. A metà stagione non eravamo troppo distanti dalla zona play-off e sapevamo che per raggiungerli dovevamo sbagliare il meno possibile. Inoltre lo spogliatoio è sempre rimasto unito ed affiatato. Non c’è stato nessun ingrediente speciale: solamente tanta voglia di vincere e di crederci fino in fondo.

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Ti senti di fare qualche ringraziamento?
In primis ai giocatori, che hanno regalato a me e a tutta la società delle emozioni bellissime, difficili da rivivere; emozioni che solo questo sport sa dare. Ringrazio il Basket Pieve 94 e la parrocchia di Pieve di Soligo, per gli spazi che ci hanno concesso per gli allenamenti e le partite, e non per ultima l’associazione sportiva dilettantistica Sinergie nelle figure di Luigi Collodo e Mauro Perin, per l’aiuto ed il supporto che non ci hanno mai fatto mancare nel corso di quest’avventura.

Quali sono le ambizioni per il prossimo anno?
Il gruppo rimarrà sostanzialmente invariato e spero possa confermare la stessa voglia di vincere. Sicuramente riproveremo a centrare la promozione in divisione Oro, ma come dico sempre siamo qui innanzitutto per giocare a basket, divertirci e stare insieme… e se ci scappano anche una birra ed un panino ben vengano. Spero che la gente possa seguirci al palazzetto con sempre più passione ed entusiasmo: questo sport regala emozioni uniche, anche a chi non lo ha mai praticato o lo conosce poco.

Per chiudere: il basket amatoriale è anche sapersi prendere poco sul serio. Da appassionato di Nba a che squadra (anche del passato) paragoneresti Sinergie?
Sono tifoso di Dallas da sempre ed in particolare di Dirk Nowitzki. La nostra stagione mi ricorda da vicino quella del titolo dei Mavericks del 2011, anche se nel nostro caso non è arrivato. Nessuno credeva in quella squadra, tutti la davano per spacciata. Poi hanno battuto i Lakers 4-0 e piano piano qualcuno ha cominciato a guardarli in modo diverso. Alla fine, quando hanno vinto la finale, la gente ha dovuto ricredersi: sulla squadra e sui vari Nowitzki, Jason Terry, Jason Kidd e Tyson Chandler. E per noi è stato lo stesso: nessuno ci avrebbe scommesso, ma dopo le vittorie contro Die Hard e Onigo, quando abbiamo cominciato a racimolare vittorie su vittorie, tutti hanno cominciato a temerci.

(Intervista a cura di Mattia Vettoretti © Qdpnews.it).
(Foto: Sinergie Amatori Pieve).
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