A Corbanese l’ultimo saluto a Paolo Marangon, aggredito a Chioggia. Il parroco: “Viviamo in un mondo abitato da diffusa malinconia mista a rabbia”

E’ stato dato oggi mercoledì 21 dicembre, nella chiesa parrocchiale di Corbanese, l’ultimo saluto al 66enne Paolo Marangon (in foto). L’uomo era stato aggredito a Chioggia sabato 10 dicembre da un 26enne che lo avrebbe colpito in strada facendolo finire con la testa sull’asfalto e causandogli così un trauma gravissimo.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, quella sera Paolo stava partendo, insieme all’amica Daniela che aveva raggiunto a casa in via Alga, per andare a mangiare una pizza. Marangon, passeggiando per la via, avrebbe urtato per caso contro un 26enne. Il giovane, indispettito, avrebbe poi seguito Marangon fino alla fine della strada, colpendolo al volto e facendolo cadere a terra. Da quel momento il 66enne non ha più ripreso conoscenza. Sul posto arrivò tempestivamente l’ambulanza del Suem, che trasportò Marangon in ospedale, prima a Chioggia e poi a Mestre in prognosi riservata. Il 12 dicembre, purtroppo, Marangon è deceduto.

Per volere della famiglia, Paolo è stato trasportato a Corbanese, dove essa risiede, per celebrare il funerale e farlo riposare in pace vicino ai suoi cari.

“Mi sono chiesto – ha detto il parroco don Francesco Cerruti durante l’omelia – di fronte a quello che è successo: io da uomo che cosa posso fare? Che senso ha quello che è successo? Il senso non ce l’ha e io da uomo non ho altre risposte da dare. Come cristiano e pastore ho una sola indicazione da dare: occorre mettere al centro della nostra vita il Signore. Un giorno Lui ci dirà che senso ha avuto questa vicenda. Sono affermazioni molto semplici, ma chiedono a ciascuno un radicale cambiamento di qualità, un nuovo modo di essere e stare al mondo, una nuova vita perché non possiamo fare il ‘lifting’ di quello che è successo nel passato. Ci serve un salto di qualità a livello personale, familiare e sociale altrimenti non riusciremo ad uscire da questa storia”. 

“Viviamo in un mondo – ha concluso l’omelia – abitato da un virus di diffusa malinconia mista a rabbia, che a volte diventa furia omicida avvelenando la vita. Il vaccino è la fede e la speranza. Come comunità cristiana dobbiamo lavorare assieme in questo senso e costruire il mondo sognato. Prendetevi oggi un giorno di ferie, perché da domani dobbiamo iniziare assieme a lavorare a questo progetto di vita impegnativo e affascinate. Una gigantesca opera di rifondazione del mondo”.

(Foto: Onoranze funebri Faraon e Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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