Buongiorno e benvenuti, io sono Pierantonio Polloni www.dottorpolloni.it e sono uno psicologo e psicoterapeuta corporeo e questa è psicologia pratica una rubrica che riflette sul proprio benessere personale e la realtà quotidiana. L’argomento di oggi è: “Adolescence: quando crescere fa paura”.
Oggi parliamo di Adolescence, una serie che, pur nella sua apparente semplicità, ci porta dentro il cuore pulsante di un’età fragile, turbolenta e potentemente trasformativa: l’adolescenza e lo facciamo da un punto di vista un po’ diverso: quello socio-psicologico. Oggi voglio offrirvi uno sguardo non solo da psicoterapeuta, ma anche da osservatore appassionato del mondo interiore dei ragazzi. La serie ci mostra un gruppo di adolescenti alle prese con il corpo che cambia, le emozioni che esplodono, i rapporti che si complicano. Ma se ci fermiamo a guardare bene, tra una scena e l’altra, emergono quattro temi chiave che ogni terapeuta conosce bene.
1. Il Sé in costruzione
Una delle prime cose che salta all’occhio è la ricerca identitaria. I protagonisti non sanno ancora chi sono, si muovono in un limbo tra ciò che vorrebbero essere e ciò che gli altri si aspettano da loro. È il processo che Erikson chiamava “moratoria psicosociale”: uno spazio interiore dove tutto è ancora possibile, ma niente è ancora deciso. Un momento sacro, ma anche pericoloso, in cui il Sé si espone al rischio di frammentarsi. Il termine era usato per definire il vuoto tra la sicurezza dell’infanzia e l’autonomia della vita adulta. E la serie questo ce lo mostra benissimo: ogni personaggio sembra oscillare tra autenticità e maschera, tra bisogno di appartenenza e desiderio di affermazione.
2. Il corpo come campo di battaglia
Non possiamo non notare come il corpo sia centrale.Cambiamenti fisici, sessualità, percezione corporea, giudizio estetico: il corpo diventa il teatro su cui si combattono guerre interiori. In termini psicosomatici, potremmo dire che il corpo parla dove le parole non bastano. L’adolescente, in particolare, usa il corpo per comunicare angosce che non sa ancora nominare: attraverso il look, il piercing, il disturbo alimentare, o la sessualità esplorata e spesso anche usata per sentirsi vivi.
3. Il bisogno di essere visti
Uno degli aspetti più toccanti della serie è il desiderio disperato di visibilità. Essere visti, riconosciuti, accettati in famiglia, tra i pari, nel mondo digitale. Questo bisogno è alla base del senso di sé. Donald Winnicott direbbe: “Un bambino sarà reale solo se qualcuno l’ha guardato mentre giocava.” E qui torna il tema degli adulti assenti, distratti, o eccessivamente controllanti: figure genitoriali che oscillano tra il laissez-faire e l’invadenza. Un terreno fertile per disturbi d’ansia, crisi depressive e isolamento.
4. Il trauma invisibile dell’inadeguatezza
Al centro di molti episodi troviamo quello che io chiamo il “trauma sottile”: non eventi eclatanti, ma esperienze ripetute di vergogna, rifiuto o invisibilità. Non parliamo sempre di abusi o traumi conclamati, ma di quelle piccole ferite che si accumulano e lasciano il segno. Come diceva Gabor Maté: “Il trauma non è ciò che ti è successo, ma ciò che è successo dentro di te come reazione a ciò che è successo.” Guardare Adolescence con occhi psicologici ci aiuta a comprendere meglio anche i nostri figli, i nostri pazienti, o magari il nostro stesso passato. L’adolescenza non è solo un’età difficile. È una soglia, un portale verso la possibilità di diventare se stessi. E, come ogni trasformazione, richiede testimoni. Noi adulti possiamo scegliere: ignorare o accompagnare.
Se questo tipo di lettura vi interessa, iscrivetevi al canale, lasciate un commento e ditemi: cosa vi ha colpito di più della serie? E voi, come avete vissuto la vostra adolescenza? Alla prossima, e… non smettete mai di guardarvi dentro.
(Autore: Dottor Pierantonio Polloni psicologo corporeo)
(Foto e video: Dottor Pierantonio Polloni psicologo corporeo)
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