Alla scoperta dell’ape “Carnica” fra le arnie di Sergio Serafin: la sottospecie diffusa nel Trevigiano è ora “minacciata” da una legge

Sergio Serafin

Per Sergio Serafin, apicoltore di Orsago con oltre quarant’anni di esperienza alle spalle, “avvicinarsi agli alveari significa entrare in un mondo che non ha confronti”. Nel suo giardino, un angolino di verde incorniciato da piante e fiori profumati, ne mantiene circa 150-200, di cui un’ottantina destinati alla produzione di miele. 

Sergio Serafin è uno dei molti apicoltori in provincia che ha scelto di allevare l’ape “Carnica”

Sergio è uno dei 3.600 apicoltori in provincia di Treviso che ha scelto di allevare l’ape “Carnica”, una sottospecie ben radicata in Veneto, e nella Marca in particolare, che ora è “minacciata” da un decreto ministeriale che sta negando agli apicoltori di alcune province venete i fondi per allevarla.

L’ape docile che si adatta ai climi freddi, ora a rischio a causa di un decreto

“Nel nostro Paese la razza più diffusa è la Ligustica, anche nota come ‘ape italiana’– spiega Serafin -. Tuttavia in Veneto, zona di confine, si è acclimatata nei secoli la sottospecie Carnica che si distingue dalla Ligustica per mansuetudine e adattabilità al freddo”. 

Gli esperti del settore dimostrano come la Carnica sia ormai “naturalizzata” in Veneto e che la sua presenza sia documentata dai tempi della dominazione austroungarica: ad oggi in regione, su 70.000 alveari presenti, 13.000 sono allevati a Carnica. 

Una famiglia di api Carniche

I membri dell’organizzazione Apat Veneto in questo periodo stanno portando avanti una battaglia in difesa di questa sottospecie ora “minacciata” da un decreto ministeriale (del novembre 2022) che indirizza le politiche agricole e gli interventi a favore dell’apicoltura negando agli allevatori i contributi comunitari per l’acquisto di questa razza.

“Finora tutti gli apicoltori veneti potevano godere del sostegno per allevare l’ape Carnica – commenta Stefano Dal Colle, presidente Apat Veneto – la più adatta al nostro contesto, per la produzione e la vendita del miele e delle altre produzioni dell’alveare, nonché per l’allevamento e la fornitura a livello imprenditoriale di fuchi, regine e operaie a quanti vogliono avviare un’attività. Ora non è più così”. 

“Gli apicoltori delle province di Treviso e Vicenza, che intendono continuare a lavorare con la Carnica, si vedono costretti a rinunciare ai contributi europei. Si salva solo la provincia di Belluno – conclude Dal Colle – per il fatto di essere al confine con l’Austria, dove la Carnica viene allevata in purezza e quindi questa vicinanza consente ‘per estensione’ anche il riconoscimento dei fondi a Belluno”. 

Delle arnie

Troppo cemento e pesticidi: “Le api stanno soffrendo” 

“Le api in generale stanno soffrendo – spiega Sergio Serafin – l’habitat non è più lo stesso di cinquant’anni fa: sono state tolte tante siepi, habitat naturali di api e altri insetti, per fare spazio all’urbanizzazione e all’agricoltura intensiva di mais, soia e vigneti. I vigneti? Nonostante le buone pratiche agronomiche di molti viticoltori anche quelli hanno un impatto sull’ambientale”. 

“L’ape raccoglie tutto quello che trova nell’ambiente – sottolinea -, in particolare nell’acqua dove possono accumularsi particelle tossiche derivanti da inquinanti industriali, trattamenti fitosanitari per l’agricoltura e altre molecole tossiche. Nella migliore delle ipotesi l’ape muore davanti all’alveare; in altri casi, molto frequenti, l’ape muore prima, perché a causa del danneggiamento del sistema nervoso, perde l’orientamento e non riesce più a fare ritorno all’alveare che man mano si spopola”. 

(Foto e video: Qdpnews.it).
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