È allarme rosso per i 3 mila allevamenti veneti: oggi produrre un litro di latte costa 53 centesimi, mentre agli stessi allevatori, se è tanto, vengono riconosciuti meno di 50 centesimi. “Tra pandemia, guerra e conseguenti aumenti delle materie prime, in pratica stanno lavorando in perdita”, denuncia Cia Veneto.
Tant’è vero che dal 2019 al 2023 in Veneto ha chiuso i battenti un allevamento su dieci. Le tempeste degli ultimi giorni, con danni incalcolabili al mais (che conta per il 50% sulla razione per ogni vacca da latte), potrebbero dare il colpo del definitivo ko. “Decine di allevatori stanno prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di cessare l’attività: ormai da tempo le spese stanno superando di gran lunga le entrate. Perché dovrebbero continuare?”.
Stando all’ultimo Censimento in Agricoltura, in Veneto vi sono circa 250.000 capi di vacche da latte; il fatturato annuo del comparto vale, invece, 500 milioni di euro. Non solo. Il 9% della produzione nazionale di latte vaccino è concentrata nella nostra Regione. “Numeri significativi – sottolinea il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini – che dimostrano quanto, nonostante le oggettive difficoltà, il settore rimanga strategico”.
Da solo, conta circa il 10% del totale del pil dell’agricoltura veneta. In questo momento, però, gli allevatori non sono in grado di fare una benché minima programmazione, dato che il valore loro riconosciuto è costantemente fluttuante, e molto spesso al ribasso.
“Il comparto zootecnico – spiega Passarini – rappresenta una delle parti più fragili di tutta la filiera. Il latte è un prodotto deperibile; se non viene venduto nel giro di poco tempo, va inevitabilmente buttato”. La certezza di un prezzo equo a favore dell’allevatore, precisa, “è la condizione necessaria al fine di portare avanti tale preziosa attività, in modo che sia sostenibile pure da un punto di vista economico”. Motivo per cui “è necessario avviare fin da subito un tavolo, mediato dalla politica, che metta insieme tutti gli attori del sistema”.
“Non possiamo permetterci che vada perduto in maniera irreversibile questo patrimonio: quando chiude un allevamento, paradigma dell’economia circolare, poi non riapre più. Viene a mancare un pezzo del nostro tessuto socioeconomico”. Peraltro, il latte sta alla base di diverse eccellenze venete. “Chiaro che produrlo secondo elevati standard qualitativi costa sempre di più; occorrono, in ultima analisi, dei continui investimenti da parte degli allevatori”.
Se non invertiremo immediatamente la tendenza, conclude Passarini, “attraverso un giusto riconoscimento, non solo ne risentiranno le nostre tipicità, che vengono esportate in tutto il mondo, ma soprattutto disperderemo per sempre un capitale, pure culturale, di valore inestimabile”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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