Trema la produzione di miele veneta che fa i conti con le mancate fioriture primaverili a causa delle gelate che hanno colpito orti e frutteti tra marzo ed aprile. 7 mila apicoltori veneti realizzano 40mila chili di miele a kmzero di cui il 19% certificato bio, di alta qualità con specialità di nicchia come il miele di barena ad esempio oppure blasonati Dop tipo il miele delle Dolomiti e una infinita gamma di tipologie di vasetti.
Coldiretti commenta lo studio dell’Ispra sul rischio di estinzione del 9% circa delle specie di api e farfalle che attraverso l’impollinazione generano un valore economico stimato in circa 153 miliardi di euro l’anno su scala mondiale, 22 miliardi su scala europea e 3 miliardi su scala nazionale. Mele, pere, fragole, cocomeri e meloni sono tra le colture che dipendono in una certa misura per resa e qualità dal lavoro delle api.
“I produttori hanno fatto in casa le prime stime: -95% del miele di ciliegio e acacia, -90% per i millefiori primavera, castagno e tarassacco – 50%, azzerata la melata. Un quadro drammatico – commenta Coldiretti Veneto – non a caso dato il clima pazzo per la prima volta tra i beneficiari degli indennizzi previsti dal decreto “Sostegni bis” ci sono anche gli apicoltori professionali, a fronte di 300 milioni di perdite stimate sul territorio regionale, sono stati ottenuti a livello nazionale 156 milioni di euro per fornire contributi alle produzioni vegetali e cinque milioni di euro per un aiuto economico agli apicoltori professionali (produzione e commercio di miele) che hanno subito pesanti danni con riduzioni di produzione che, in alcuni casi, arrivano all’80%. Le risorse stanziate, pur apprezzabili, non risultano tuttavia sufficienti rispetto ai danni subiti dagli agricoltori e dal settore apistico durante il 2021 per effetto degli eventi climatici anomali”.
“L’andamento climatico anomalo con l’inverno bollente, il gelo in primavera ed una estate divisa tra caldo africano, siccità e violenti temporali – sottolinea Coldiretti – ha distrutto le fioriture e creato gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare“.
Il risultato è un raccolto di miele nazionale che quest’anno sarà probabilmente ben al di sotto dei 15 milioni di chili, tra i più bassi degli ultimi decenni. In altre parole significa l’addio ad un vaso di miele Made in Italy su quattro per il crollo di circa il 25% della produzione nazionale in un 2021 segnato in media da quasi sei eventi estremi al giorno tra incendi, siccità, bombe d’acqua, violente grandinate e gelo che hanno compromesso pesantemente la vita delle api.
“Circa la metà del miele venduto in Italia quest’anno viene dall’estero e per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – precisa Coldiretti – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il ruolo insostituibile svolto da questo insetto è confermato da Albert Einstein che sosteneva che: “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita””.
“In Italia – conclude Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati del rapporto dell’Osservatorio nazionale miele in Italia ci sono 1,6 milioni di alveari curati da circa 70mila apicoltori dei quali oltre 2 su 3 sono hobbisti che producono per l’autoconsumo”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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