Andrea Zanoni (Pd): “Piano cave condizionato dalle troppe autorizzazioni concesse in passato”

“Abbiamo scritto una pagina storica di questo Consiglio, perché dopo 36 anni viene data attuazione alla legge 44 del 1982, che prevedeva l’approvazione del Piano regionale di attività di cava (Prac) entro 150 giorni. Da allora sono passate otto legislature e ben 12 Giunte. Un vuoto normativo di pianificazione che non è stato certo senza conseguenze. Anzi, sono ferite della nostra terra ben visibili e che mai si potranno rimarginare”. Così Andrea Zanoni (nella foto),  relatore di minoranza sul Prac a proposito del provvedimento ieri in via di approvazione in aula e su cui il gruppo dem aveva presentato oltre 30 emendamenti sui 54 totali, dei quali ne sono stati approvati quasi una decina.

“Pensiamo al preoccupante fenomeno della realizzazione di cave sottofalda, cave che hanno portato a giorno la falda acquifera privandola della difesa naturale, il suolo, dall’inquinamento – spiega il vice presidente della commissione Ambiente – Non dimentichiamo poi i gravi episodi di corruzione legati al rilascio delle autorizzazioni, con tanto di lingotti d’oro intascati da chi doveva dare il via libera e successivi processi in tribunale che sono andati avanti per anni”.

“Nonostante sia finalmente arrivata l’approvazione, questo Piano cave presenta grosse criticità – prosegue Zanoni – e lacune per quanto riguarda la Valutazione ambientale strategica (Vas), il Rapporto ambientale e la Valutazione di incidenza ambientale (Vinca). Il non assoggettare il Piano ad una nuova procedura Vas, nonostante la precedente fosse stata svolta in un contesto ambientale ormai vecchio”.

“Questo secondo noi ha determinato una valutazione non sufficientemente approfondita su questioni ambientali diventate ormai emergenza, come la siccità causata dai cambiamenti climatici e la contaminazione delle falde acquifere in alcune aree, con particolare riferimento alle sostanza perfluoralchiliche (Pfas e Pfoa). Quest’ultimo caso è significativo – afferma Zanoni – In 638 pagine del Prac, inclusi i sei allegati, non se ne fa mai riferimento. Non c’è traccia del problema, che tra l’altro si è verificato in corrispondenza dell’ambito estrattivo Vicenza 2 e che è interessato quasi per intero dal fenomeno di contaminazione. La Giunta doveva porre maggiore attenzione: sono stati gli stessi Comuni di Trissino e Arzignano a scriverci, ipotizzando che sabbie e ghiaie estratte andrebbero conferite in discarica”.

Zanoni si sofferma poi sulle volumetrie dei materiali da scavare, facendo alcune precisazioni: “È stato detto che in provincia di Treviso questo Piano prevede zero metri cubi di sabbie e ghiaia da estrarre. Non è un’affermazione corretta, poiché ci sono le cosiddette riserve, ovvero le autorizzazioni già acquisite dai cavatori. E a Treviso ci sono già 69 milioni di metri cubi scavabili, 18,6 nei prossimi dieci anni. Altro che zero! Tutta la programmazione del Piano si porta dietro una palla al piede che si chiama riserve e che la condiziona pesantemente. Riserve che sono state agevolate grazie al vuoto pianificatorio lungo 36 anni, dovuto all’incapacità della politica veneta. Si tratta quindi un Prac monco, condizionato dagli errori del passato, dai cosiddetti diritti acquisiti”.

(Fonte: www.andreazanoni.it).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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