Tre dirigenti scolastici e professori di scuole superiori per un incontro che ho intitolato “l’isola che non c’è: la realtà dipende da come la interpretiamo”.
L’incontro è l’ultimo di un percorso scolastico che ha visto protagonisti della storia dell’arte e del colore dalla preistoria ai giorni nostri, in tutti i continenti. Entro in un atrio di un plesso scolastico dove sono appese pitture rupestri, ritratti di aborigeni, pannelli che dimostrano l’evoluzione dell’uso del colore nella cultura giapponese e degli inuit. Particolarmente interessante risulta il diverso valore culturale dei colori nelle diverse culture umane nel tempo. Tutto mi sembra estremamente interessante e ricco di particolari che credo minuziosamente precisi.
Mi fermo davanti ad una foto di un polpo mentre sta mutando colore. Nella didascalia c’è scritto che la foto sorprende un “Polipo mentre decide di cambiare il colore per sfuggire ai predatori, e questa è la prova di come i colori aiutino a sopravvivere”.
Confondere il polpo (il mollusco dal grosso capo e con gli otto tentacoli, in foto) con il polipo (vive sempre in acqua ma può assumere forme estremamente diverse come i coralli) è da sempre considerato un errore veniale, visto però il luogo e lo scopo didattico degli incontri, a me sembra invece un disagio culturale da affrontare quanto prima.
(Foto: Wikipedia).
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