Ha conosciuto il dramma dell’immigrazione dai racconti dei suoi famigliari il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Come in molte altre famiglie del Nordest, questo fenomeno ha caratterizzato anche la vita dei suoi predecessori: suo nonno Enrico, che emigrò nel 1929 negli Stati Uniti, era nato in Brasile, dove nel 1800 mise radici un suo antenato, Giacinto.
Una zia, invece, andò in Francia per lavoro e creò una famiglia oltralpe. Gli Zaia, come tutti tra l’ottocento e il novecento, non lasciarono le terre della Serenissima per la guerra ma scappando dalla miseria. Questo non fa differenza con i profughi del 2022, perché sempre di lasciare la propria patria senza sapere cosa riserva il futuro si tratta. “Migrazione per noi Zaia – si legge nel libro del governatore “Ragionateci Sopra” – come in molte case della mia terra, non è un concetto astratto, ma ha sempre avuto volti e storie ben precisi”.
Proprio per questo motivo, che si aggiunge al fatto che il presidente del Veneto è il commissario delegato per l’emergenza, le immagini di donne, bambini e anziani che scappano dall’Ucraina dopo l’invasione russa hanno profondamente colpito Zaia. “I numeri ci spaventano – ha dichiarato nella giornata di ieri – soprattutto se consideriamo che a Lampedusa arrivarono al massimo 50 mila persone. Si parla di un milione di profughi” in Italia. Le previsioni più aggiornate per la nostra Regione parlano del possibile arrivo di 70 mila ucraini.
Al suo terzo e ultimo mandato come amministratore del Veneto (così si definisce), mai Zaia si sarebbe aspettato, dopo l’emergenza Covid, di dover affrontare anche il più grande fenomeno migratorio che ha colpito l’Europa dalla seconda Guerra mondiale.
I suoi veneti, che così come nonno Enrico e i suoi predecessori sanno bene cosa voglia dire scappare da un posto senza la volontà di farlo, hanno risposto mettendo in moto la grande macchina della solidarietà veneta. Completamente a disposizione del proprio governatore. “Abbiamo ricevuto 400 mila euro nel conto corrente della Regione per questa emergenza – continua Zaia – sono state oltre 2 mila le persone e le aziende che hanno donato. Senza dimenticare tutti quelli che hanno messo a disposizione di questa gente le loro case, i loro letti vuoti”. A ieri sono stati oltre 4 mila i profughi arrivati in Veneto e la prima provincia rimane sempre quella di Treviso, con 1.230 arrivi. Numeri che secondo Zaia sono comunque “vecchi” nel momento in cui vengono diramati, vista la frequenza degli arrivi.
Presidente Zaia, che effetto le fanno, sotto l’aspetto umano, le immagini di donne, bambini e anziani che scappano dalla guerra?
“Siamo davanti a delle persone che scappano veramente dalla morte e dalla guerra, la misura non l’abbiamo solamente dalle immagini che abbiamo, ma dal fatto che arrivano solamente donne e bambini. Questo è proprio l’elemento fondamentale: le donne e bambini che arrivano qui sono senza riferimenti. In questo momento ne stiamo ospitando più di 4 mila. I veneti hanno dato disponibilità per più di 8 mila posti letto e come Regione ne abbiamo allestiti più di mille nelle strutture pubbliche. Siamo fortemente preoccupati. La popolazione sta perdendo la vita per questa folle e criminale idiozia di bombardare e di innescare una guerra nel momento in cui nessuno se la sarebbe mai aspettata”.
La sua è una famiglia di emigranti, anche se loro scappavano dalla povertà e non dalla guerra: vede qualche somiglianza con i racconti che le facevano?
“La storia è sempre la solita, ovvero la mancanza di riferimenti, loro non sono scappati di casa perché amavano qualche altro territorio, ma sono dovuti andar via di casa perché qualcuno ha bombardato le loro abitazioni, perché qualcuno ha ammazzato i loro famigliari, perché qualcuno rende insicura la loro vita. Abbiamo delle persone che arrivano desolate, molto spesso angosciate da quello che hanno lasciato. Molti (se non la maggior parte) hanno salutato parenti e famigliari che oggi sono nelle zone dei bombardamenti”.
Il Veneto, che come detto ha vissuto il fenomeno dell’immigrazione, si è dimostrato molto solidale nei confronti degli Ucraini. Secondo lei è stato proprio questo passato che ha reso grande la solidarietà?
“Una persona ogni cinque qui da noi fa volontariato, non è un caso. Il Veneto conosce i flussi migratori. Noi ne abbiamo avuti due di importanti: quello di fine Ottocento verso l’America Latina. In Brasile, ad esempio, noi abbiamo messo radici, si parla il veneto in quelle terre. Poi, dopo la seconda Guerra mondiale, ci siamo spostati verso il Belgio, l’Argentina, la Francia, la Svizzera, in Australia. Tutti noi abbiamo parenti o conoscenti che sono ancora li discendenti da queste persone”.
Il Covid non la faceva dormire; e questa guerra?
“Guardi, la situazione non è cambiata, anzi è peggiorata. Le preoccupazioni sono tante. Un discorso è guardare la televisione, spegnerla e riaccenderla il giorno dopo. Noi abbiamo un flusso continuo di profughi in arrivo di cui molti sono bambini. Ne abbiamo 19 ricoverati, 12 dei quali sono oncologici e quindi c’è bisogno dell’aiuto di tutti. È una grossa responsabilità da parte mia perché sono nominato commissario di Governo per la gestione di questa tragedia”.
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