Veneto in zona arancione, Confcommercio Treviso e Fipe: “Ristori, vaccini e controlli, non ultimi della lista”

Il passaggio del Veneto in zona arancione preoccupa il mondo delle imprese anche se il vero problema potrebbe essere l’incubo della zona rossa con conseguenze drammatiche per il tessuto economico e sociale della Regione.

Il presidente di Confcommercio Treviso, Federico Capraro, si aspettava il passaggio in zona arancione, definito “Un ulteriore sacrificio che ci viene chiesto in un momento in cui la tenuta sociale è messa a dura prova”.

“Mentre nel primo lockdown il senso di responsabilità individuale è prevalso su tutto – ha affermato Capraro -, ora, c’è molta più frustrazione e ne vediamo le conseguenze nei comportamenti irresponsabili di alcuni che mettono a rischio la salute di tutti e alzano il carico sulla sanità. Purtroppo, la gravità del quadro epidemiologico non ci consente di abbassare la guardia e credo che la via di uscita possa tradursi in questo: sacrifici sì, ma uguali per tutti, brevi e con date certe, controlli e sanzioni pesanti per gli irresponsabili, riaperture programmate senza altri stop & go”.

Il presidente Capraro, sottolineando l’importanza dei vaccini che devono arrivare presto anche per le persone che lavorano nelle imprese, ha aggiunto che “non possono considerarci gli ultimi della lista”.

Rispetto ai ristori, invece, Confcommercio Treviso attende per metà mese il nuovo decreto ma per Capraro non basteranno perché serviranno altri aiuti a fondo perduto, oltre all’annullamento e non allo spostamento di scadenze e imposte (ristori commisurati ai cali di fatturato e non in base ai codici Ateco).

“Non siamo interruttori da accendere e spegnere – aggiunge Dania Sartorato, presidente di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi)-Confcommercio -, l’incertezza e la confusione regnano sovrani, molti di noi hanno deciso di chiudere del tutto e di rinunciare anche al delivery e all’asporto. Sono possibilità che incidono pochissimo sui fatturati e non ci garantiscono di mantenere l’occupazione”.

“Francia e Germania garantiscono indennizzi superiori – conclude -, se ci impediscono di lavorare devono evitare il logorio delle norme provvisorie, investimenti inutili e garantirci adeguati ristori. Molti di noi non riapriranno, e quando le nostre saracinesche saranno abbassate, cambierà la geografia delle città e di interi quartieri”.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto: Fipe).
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