Buongiorno e benvenuti, io sono Pierantonio Polloni www.dottorpolloni.it e sono uno psicologo e psicoterapeuta corporeo e questa è psicologia pratica una rubrica che riflette sul proprio benessere personale e la realtà quotidiana. L’argomento di oggi è: “I 5 passi fondamentali per dominare le proprie paure. L’istinto di sopravvivenza è comune a tutti gli animali e agli esseri umani ma, nelle situazioni più gravi, è facile perdere il controllo e non riuscire a rimanere calmi né a pensare a una via di salvezza a causa del panico. L’abilità di dominare le situazioni incerte e di sconfiggere la paura dipende esclusivamente da un elemento: la propria attitudine mentale. Proprio come in natura, sopravvivere significa riuscire a dominare il panico e la propria risposta alla paura. Come vestirsi con un giubbotto antiproiettile, composto da numerosi strati intessuti in modo da creare un materiale molto più forte rispetto a una semplice protezione rigida, tiene al sicuro chi lo indossa, così vestirsi di “un’armatura” creata grazie alla propria resilienza e a numerosi atteggiamenti utili aiuta a proteggersi mentalmente, emotivamente e fisicamente e ad affrontare ogni situazione della vita.
La paura è la risposta più spontanea e naturale a una minaccia (percepita o reale), ma, pur essendo una reazione normale per la natura umana, quando si prova panico diventa più difficile ragionare a mente lucida: l’importante è riuscire a identificare il prima possibile cosa ci spaventa per riuscire a controllarlo, visto che provare paura può essere un ostacolo non solo per salvarsi in situazioni di pericolo ma anche per raggiungere i nostri obiettivi quando si tratta di circostanze quotidiane.
Secondo la scienza ognuno di noi nasce con due tipi di paura “atavici”: la paura di cadere e la paura dei rumori forti. Crescendo si entra in contatto con molti più scenari nei quali è possibile provare paura, assorbendola sia dalle persone intorno a noi, come ad esempio la paura ereditata da un genitore, che dalle notizie provenienti dal mondo esterno, come quella per gli attentati e le catastrofi naturali.
La verità è che è molto più semplice provare paura per eventi improbabili, come essere attaccati da uno squalo bianco, che per quelli più probabili, come fare un incidente d’auto: l’esposizione a storie sensazionali e cruente aumenta il senso di panico.
In psicologia le possibili reazioni a un pericolo sono note come “F3”, dall’inglese “fight, flight or freeze”, ossia combatti (fight) se c’è una minaccia che puoi sconfiggere, scappa (flight) se ce n’è una che puoi evitare e immobilizzati (freeze) se non puoi portare avanti nessuna delle due strade.
Ognuno di noi reagisce a modo suo, alcune persone sono più portate a combattere e altre a scappare o a immobilizzarsi: non c’è una vera e propria reazione corretta a una minaccia, la nostra risposta F3 è semplicemente quella a cui siamo più predisposti e non significa che fuggire sia per forza sbagliato.
La paura non deve essere un limite per la propria vita: meglio comprendiamo la nostra risposta alle minacce meglio riusciamo a portare avanti le nostre attività di tutti i giorni, anche quando si presentano degli imprevisti. Secondo la mia teoria delle personalità d’anima, ci identifichiamo come persone uniche grazie alle esperienze del passato, alle speranze nel futuro, ma anche attraverso le nostre paure. Una personalità dentro di noi nutre speranze di diventare una persona realizzata, mentre un’altra personalità d’anima teme ciò che non vuole diventare. Per esempio: una parte di noi desidera avere più tempo libero, mentre l’altra parte teme di non arrivare a fine mese con le risorse di cui dispone. La prima soffre per la mancanza di libertà mentre la seconda ha paura che qualcosa di catastrofico possa accadere se cambia lavoro.
Le cose che accadono possono essere sia positive che negative: non si possono scegliere, ma l’importante è non farsi cogliere di sorpresa, fortificando la propria armatura mentale in modo da usarla come barriera psicologica e isolandosi dalle persone distruttive e dalle situazioni tossiche.
L’armatura mentale serve a respingere parole e azioni dannose che gli altri possono intraprendere per sminuire o minare la nostra sicurezza: grazie a essa possiamo scegliere cosa respingere e “lasciare fuori”. Se ciò che ci spaventa è parlare in pubblico, ad esempio, ci si può iscrivere a un corso di recitazione: sarà stressante ma ci allenerà ad affrontare questo timore, diminuendo l’imbarazzo e rinforzandoci.
Qualsiasi sia la cosa che ci spaventa, si può lavorare gradualmente per accettarla e raggiungere il proprio obiettivo tramite cinque passi fondamentali.Il primo è riuscire a capire quali sono gli elementi di stress piccoli e controllabili che si possono sopportare per fortificarsi. Per esempio se temo di attraversare una galleria in automobile, posso iniziare a farlo da passeggero oppure da guidatore attraversando più e più volte dei sottopassaggi, magari con accanto una persona amica o che trasmette sicurezza. Il secondo passo comporta lo studio delle proprie reazioni a questi stimoli. E’ fondamentale riconoscere come si reagisce ad un determinato evento. Si desidera fuggire, si rimane bloccati, oppure si esplode di rabbia? Come affronta il tuo corpo quell’evento? Suda, una fascia della testa inizia a scaldarsi oppure il fiato si accorcia ed un fastidio compare sul petto? Il terzo passo è rappresentato dall’abitudine a essi. Da quanto tempo si manifestano sensazioni fisiche che mi spingono a ripetere esami e costose visite mentre ti accorgi di stare girando in tondo senza trovare una soluzione? Il quarto passo riguarda la verifica di piccoli elementi di stress controllabili che si è iniziato a sperimentare accorgendosi di che cosa sia cambiato o stia cambiando. Il quinto passo è rappresentato dal personale atteggiamento a non cercare di ottenere tutto subito, ma anzi trovare il coraggio di andarsene se la situazione in cui ci si trova non è ideale, senza ritenere l’abbandonare il campo di battaglia una debolezza, bensì il momento per studiare una strategia migliore per affrontare ciò che ci si presenta. Quest’ultimo passo prevede un tempo di allenamento che non sia inferiore a qualche mese.
(Autore: Dottor Pierantonio Polloni psicologo corporeo)
(Foto e video: Dottor Pierantonio Polloni psicologo corporeo)
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