ROMA – Ha messo da parte il discorso, e ha parlato a braccio. Papa Francesco ha sorpreso tutti al Giubileo del mondo della Comunicazione nella tarda mattinata di ieri, sabato 25 gennaio, all’incontro in Aula Paolo VI a Roma.
Migliaia di giornalisti e operatori dei media, dopo aver varcato la Porta santa e aver sostato in preghiera nella Basilica di San Pietro, si sono riuniti per il grande evento di condivisione sui temi della comunicazione insieme a Papa Bergoglio.
“Nelle mani ho un discorso di nove pagine – ha esordito il pontefice -. A quest’ora, con lo stomaco che incomincia a muoversi, leggere nove pagine sarebbe una tortura. Io darò questo al Prefetto. Che sia lui a comunicarlo a voi”.
“Volevo soltanto dire una parola sulla comunicazione. Comunicare è uscire un po’ da sé stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza”.


“Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro è un lavoro che costruisce: costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. “Padre, io sempre dico le cose vere …” – “Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”. È una prova tanto grande. Comunicare quello che fa Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio e lo Spirito Santo. Comunicare è una cosa divina. Grazie di quello che voi fate, grazie tante! Sono contento”.
Nel discorso che aveva preparato e che poi è stato consegnato ai partecipanti tramite i canali vaticani, Papa Francesco ha chiesto “che sia difesa e salvaguardata la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero, insieme al diritto fondamentale a essere informati”.
“Quella del giornalista è più che una professione – ha ricordato nel suo messaggio -. È una vocazione e una missione. Voi comunicatori avete un ruolo fondamentale per la società oggi, nel raccontare i fatti e nel modo in cui li raccontate. Il linguaggio, l’atteggiamento, i toni, possono essere determinanti e fare la differenza tra una comunicazione che riaccende la speranza, crea ponti, apre porte, e una comunicazione che invece accresce le divisioni, le polarizzazioni, le semplificazioni della realtà”.
“In questo Giubileo – ha concluso il pontefice – faccio quindi un altro appello a voi qui riuniti e ai comunicatori di tutto il mondo: raccontate anche storie di speranza, storie che nutrono la vita. Il vostro storytelling sia anche hopetelling. Quando raccontate il male, lasciate spazio alla possibilità di ricucire ciò che è strappato, al dinamismo di bene che può riparare ciò che è rotto. Seminate interrogativi. Raccontare la speranza significa vedere le briciole di bene nascoste anche quando tutto sembra perduto, significa permettere di sperare anche contro ogni speranza”.
In dialogo con Maria Ressa e Colum McCann sui pericoli della disinformazione
La mattinata in Sala Nervi si era aperta con gli interventi di Maria Ressa, giornalista filippina naturalizzata statunitense, Premio Nobel per la Pace 2021, e Colum McCann, scrittore irlandese. Il dialogo è stato moderato dal giornalista Mario Calabresi e introdotto da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione.
Ressa – che fu arrestata e condannata per vari capi di imputazione – ha inquadrato il momento attuale “di profonda trasformazione nel nostro mondo”, segnato dalle moderne tecnologie e dal generale tentativo di disinformazione e manipolazione che avviene nei media.


“Senza fatti, non puoi avere la verità – ha osservato -. Senza verità, non puoi avere fiducia. Senza queste tre, non abbiamo una realtà condivisa, per non parlare di risolvere problemi esistenziali come il cambiamento climatico. Non possiamo avere giornalismo; non possiamo avere democrazia”.
“La guerra dell’informazione, il gioco di potere geopolitico – ha proseguito – sta sfruttando il design di queste piattaforme. Ricordate, l’obiettivo non è farvi credere una cosa; è farvi dubitare di tutto così da paralizzarvi”.
“Dici una bugia un milione di volte, e diventa una verità – ha concluso -. Se si convincono le persone che le menzogne corrispondono ai fatti, le controlli”.
McCann ha incentrato il suo intervento sul binomio story-telling e story-listening e sull’importanza della narrazione e dell’ascolto: “Anche la narrazione può mostrare la possibilità di emergere e, in quest’epoca di conflitti, condividere le nostre storie, insieme all’ascolto delle storie degli altri, potrebbe essere una delle poche cose che può salvarci. La narrazione è un invito all’azione. L’ascolto della storia è una forma di preghiera”.


“L’atto di ascoltare e parlare – ha concluso McCann – rafforza le nostre stesse nozioni di pace, uguaglianza, democrazia e comprensione. Le storie possono portare ad azioni che possono portare al cambiamento. Invece di essere applicate dall’alto verso il basso, vengono raccolte dal basso. Anche se non siamo d’accordo gli uni con gli altri. Anche se viviamo oltre confine. Anche se abbiamo storie molto diverse. Anche, in effetti, se non ci piacciamo gli uni gli altri”.
Il dialogo è stato suggellato alla fine, prima dell’ingresso del pontefice, dalle splendide note dell’orchestra diretta dal Maestro Uto Ughi, musicista molto caro al territorio dell’Alta Marca per i suoi concerti annuali, sempre gremiti, nell’Abbazia di Follina.
(Autrice: da Roma Beatrice Zabotti)
(Foto e video: Beatrice Zabotti)
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