La Cina si ribella ai lockdown, nel Paese del Dragone si fa sentire una crisi economica strisciante. Màdaro: “Le proteste potrebbero estendersi ancora”

Sembra che i cinesi siano davvero provati dai continui lockdown e dalla prolungata “chiusura internazionale” del Paese, come testimoniano le proteste degli ultimi giorni.

Come riporta Ansa.it, ci sono stati dei segnali di allentamento delle misure anti-Covid a Guangzhou, dove nella notte si sono registrati nuovi scontri tra residenti e polizia sulle restrizioni per combattere un’ondata di infezioni.

In alcuni distretti sono state revocate le aree di controllo della pandemia, mentre in quello più colpito dai focolai del virus i “contatti stretti qualificati” sono stati messi in quarantena domiciliare.

In ogni caso, quello che sta succedendo in Cina ha colpito molto l’opinione pubblica mondiale, abituata a ben altre reazioni da parte del popolo cinese.

Il giornalista Adriano Màdaro, celebre sinologo trevigiano, ha evidenziato come questo problema rischi in breve tempo di diventare ingestibile.

“Ho sentito recentemente i miei amici cinesi piuttosto preoccupati per i continui lockdown in molte città – spiega Màdaro -. Da quasi tre anni la Cina è isolata. I visti (di qualsiasi tipo) sono sospesi, quelli concessi riguardano ‘casi speciali’ e ci si deve sottoporre a severe quarantene. Molte attività sono bloccate e inizia a farsi sentire una crisi economica strisciante, all’interno del Paese non si può viaggiare liberamente come in passato, la riconferma del presidente Xi Jinping per il terzo mandato ha creato perplessità. Da fuori si accusa Pechino di aver creato un clima di chiusura insopportabile”.

“È vero che i morti da Covid in Cina dal gennaio 2020 a oggi sono poco sopra i 5.000 – continua -, mentre negli Stati Uniti sono già un milione, ma non fa pesare la bilancia dalla parte del Governo e del Partito comunista al potere. La gente è stanca di queste severità eccessive e comincia a chiedersi cosa nascondano. Attenta, Pechino! Non basta combattere il Covid con risultati positivi sequestrando la gente perché non osserva le leggi sanitarie eccessivamente coercitive. I fatti di Urumqi, capoluogo dell’irrequieto Xinjiang, costituiscono un allarme molto chiaro”.

Qualche giorno fa ad Urumqi era scoppiato un terribile incendio nel quale sono morte diverse persone: l’aspetto che ha fatto infuriare i cinesi, però, è il fatto che i Vigili del fuoco sono riusciti a spegnere le fiamme e ad estrarre nove feriti solo dopo tre ore.

Un video che circola in rete mostra un camion dei pompieri che irrora l’edificio con l’acqua da lontano perché non può avvicinarsi, visto che la zona è confinata.

“Le ‘scintille’ non solo a Urumqi ma soprattutto a Pechino e a Shanghai – continua il sinologo trevigiano -, se non verranno spente con risposte adeguate, potrebbero estendersi a tutto il Paese e allora il problema si trasformerebbe in contestazione della legittimità del potere politico. Xi Jinping deve tenerne conto. Non può rispondere solo con il confronto della mortalità tra Cina e Usa. A tre anni dall’esplosione dell’epidemia il positivo conteggio dei decessi non basta. Mao aveva detto che ‘è sufficiente una scintilla per incendiare la prateria’”.

“L’allusione politica era chiara – prosegue -. Ebbene, la Cina deve rientrare nel consorzio umano con un gesto di umiltà, non di arroganza. Deve tener conto delle ‘scintille’ e capire in anticipo che in questi ultimi tre anni il mondo è cambiato. Attenta, Pechino! Evitare il confronto, considerate le tecnologie di comunicazione moderne, è impensabile. So bene quanto sia facile ‘scavalcare la grande muraglia’ con l’informazione, di qua e di là dei confini”.

“La modernizzazione della Cina – conclude -, l’arricchimento generale, l’ingresso e la diffusione di modelli di vita diversi, l’enorme spostamento di cinesi sia internamente che all’estero a partire dagli anni ‘90, le decine di migliaia di studenti cinesi nelle università di tutto il mondo, questo e molto altro ha cambiato la Cina, e chi è al timone lo sa. Le proteste di questi giorni, soprattutto dei giovani, costituiscono un allarme non indifferente per il regime. Xi Jinping ha dimostrato finora capacità e autorevolezza nel gestire una fase molto delicata della governance dell’ex Impero del Drago. Ho visto ‘crescere’ la Cina e ho visto la risposta collettiva di un popolo che ha la forza di ‘rovesciare gli ingiusti verdetti’”.

Màdaro termina la sua riflessione citando ancora una volta Mao: “ribellarsi è giusto”.

(Foto: Facebook).
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