La tradizione vuole che oggi, 1° agosto, in Veneto bisogni bere un calice di vino bianco appena svegli così da scacciare le febbri e i malanni.
Tale ricorrenza, come si legge sulla pagina Facebook “Sei di Treviso se”, è molto antica e risale al regno di Ungheria, quando la regina, tornando da un viaggio da Venezia a Padova, attraversando le campagne (che all’epoca non erano bonificate) si ammalò di malaria.
Venne subito curata ma, purtroppo, sembrava che nulla riuscisse a farla guarire e la febbre continuava a salire. Il 1° agosto la badessa del convento, ormai disperata per le drammatiche condizioni della sovrana che si trovava in punto di morte, decise di tentare con un’ultima possibilità: le fece bere un calice di mosto di vino bianco fermentato di uva Sant’Anna.
La regina ingerì tutto d’un fiato, la febbre sparì completamente e per miracolo tornò in salute. Da tale momento in avanti si celebra la data odierna come simbolo di protezione dal morso di serpenti, dalle vipere e dalla “febbre dell’estate”. Con le alte temperature, gli sbalzi termici dovuti a condizionatori e temporali, ma anche con l’aumento dell’inquinamento dell’aria, è facile incorrere in disturbi respiratori anche nel cuore della stagione calda.
E domani martedì sarà un’altra data associata, nei nostri territori e non solo, a narrazioni che potrebbero sconfinare nella leggenda. E’ infatti ancora vivissima, soprattutto in alcuni borghi, la “Festa dei omeni” (festa degli uomini), che si celebra ogni 2 agosto, particolarmente nelle province di Venezia e Treviso ma anche in Friuli Venezia Giulia.
Perché è stata scelta proprio questa data per celebrare gli uomini? Le interpretazioni che vanno per la maggiore riguardano il numero 8 (agosto è l’ottavo mese dell’anno), che rovesciato ricorda i testicoli. E quanto accadeva nel 1700, quando i soldati francesi di Napoleone erano costretti dagli ufficiali ad utilizzare come uniforme una calzamaglia attillata e a tenere gli attributi spostati a sinistra. Veniva urlato loro “Les deux a gauche” (“i due a sinistra”), frase che suonava “le do a gosc”, che in seguito è diventata “el do agost”. Si tratta dunque di una frase straniera che, storpiata in Veneto, ha dato origine a una tradizione di vecchia data, alla quale vengono dedicate anche feste e sagre a base di pollo in “tecia” e fagioli o, più semplicemente, ritrovi rigorosamente maschili in cui si brinda a vino rosso.
(Foto: Pexels).
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