L’epopea del sindacato Cisl al tempo della mezzadria. Il 93enne Ferruccio Paro: “La nostra lotta per il cambiamento ha generato ricchezza per tutti”

“La cosa più bella della mia attività sindacale è aver fatto diventare proprietari i mezzadri”. Sono parole di Ferruccio Paro riportate all’inizio del libro di Mauro Pitteri “La terra a chi la lavora” presentato nei giorni scorsi in villa Giustinian – Molon a Campo di Pietra di Salgareda, volume che documenta le lotte mezzadrili condotte dal sindacato CISL in Veneto nel secondo Novecento.

Atteso protagonista dell’evento e principale attore degli eventi narrati nel testo è stato Ferruccio Paro (nella foto in un comizio d’epoca), 93 anni portati con grande vitalità e lucidità di pensiero, che con il suo applaudito intervento ha concluso l’incontro molto partecipato promosso da Fai Cisl e Terra Viva, relatori insieme a lui lo stesso Pitteri, Aldo Carera, Paolo Feltrin, Onofrio Rota e Vincenzo Conso.

Edito da Agrilavoro di Roma con il contributo della Fondazione FAI-CISL Studi e Ricerche, il libro parte dalle prime organizzazioni sindacali sorte negli anni Cinquanta nelle campagne trevigiane, che diedero vita a un’inedita rivoluzione sociale con protagonisti per la prima volta i mezzadri e le loro famiglie.

La ricerca si focalizza in particolare sull’azione del sindacato CISL, all’epoca guidato a livello nazionale da Giulio Pastore (1902-69), che si proponeva di rappresentare questi lavoratori atipici, negletti dalle altre forze sindacali. Tra i referenti della protesta in provincia di Treviso, coordinata da Antonio Neri (1930-2016), si distinse per coraggio e competenza Ferruccio Paro, che riuscì a organizzare la lotta dei mezzadri per emanciparli dall’asservimento semifeudale a cui erano sottoposti.

Forti di un crescente consenso, Neri e Paro diedero vita a una lunga e aspra lotta di riscatto, iniziata a Ca’ Tron di Roncade e proseguita poi in Sinistra Piave nei Comuni di Sernaglia della Battaglia, Ponte di Piave, Ormelle, Fontanelle e in particolare a San Polo di Piave, ove c’era la grande azienda gestita dai figli di Giovanni Giol (1866-1936).

Nell’Opitergino la mezzadria, con le sue “precarie condizioni di sudditanza nei confronti della proprietà terriera” (F. Paro), terminò agli inizi degli anni Settanta grazie al finanziamento concesso dallo Stato attraverso la Commissione Agricoltura diretta dal deputato veneto Agostino Pavan. A San Polo l’atto preliminare di cessione delle terre ai mezzadri venne firmato l’11 settembre 1970 da Giovanni Giol junior grazie alla perentoria azione di Ferruccio Paro. Il 26 giugno 1971 le cognate Vittoria Angeli (vedova di Americo Giol) e Antonietta Baggio (vedova di Vittorio Giol), in accordo con l’Ente Nazionale delle Tre Venezie, suggellano la cessione dei terreni, comprensivi di beni immobili, scorte, “inpréste” e bestiame, ai mezzadri insediati da almeno due generazioni.

Le terre, rese libere, permisero nei decenni successivi l’insediamento di attività artigianali e piccolo-industriali. “Il regime fascista aveva ridotto i mezzadri a larve umane, c’era la pellagra, una miseria immensa, eravamo in balia della volontà del concedente e ci avevano tolto ogni briciolo di libertà – ha affermato Ferruccio Paro – ma oggi possiamo affermare d’aver avuto ragione nel sostenere che le capacità imprenditoriali di gestione dei fondi erano data dai mezzadri e non dalla proprietà terriera concedente mezzadria. Infatti dalla fine di quel sistema fu generata tanta ricchezza, furono riqualificate la manodopera e l’intera agricoltura, fino alle eccellenze produttive di cui oggi beneficiamo”.

(Autore: Giuliano Ros).
(Foto: Giuliano Ros e copertina del libro “La terra a chi la lavora. La Cisl e le lotte mezzadrili in Veneto nel secondo Novecento – Fondazione Fai Cisl Studi e Ricerche – Agrilavoro edizioni srl).
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