“L’Onu non è riuscito a difendere i diritti di mio figlio”: i genitori di Mario Paciolla e Giulio Regeni sul palco del Teatro Duse

Due giovani con la passione di aiutare il prossimo, morti in circostanze non chiare oltre i confini nazionali: quella di Giulio Regeni, rapito e ucciso in Egitto nel 2016, e di Mario Paciolla, trovato morto in Colombia nel 2020, sono due storie che si sono incontrate troppo tardi, nel dolore e nella rabbia dei genitori, che parlano della loro battaglia contro il sistema, alla ricerca di giustizia e verità nella intricata giungla della diplomazia internazionale.

I genitori dei due giovani, Paola, Claudio Regeni, Pino Paciolla e Anna Motta, sono stati ospiti dell’evento organizzato al Teatro Duse dall’ANPI di Asolo e della Provincia di Treviso. All’inizio della conferenza, dopo l’intervento di Beatrice Bonsembiante, presidente dell’Anpi di Asolo, e del vicesindaco Franco Dalla Rosa, il moderatore Daniele Ferrazza ha iniziato col chiedere alle rispettive coppie di descrivere Giulio, Mario e il loro essere “cittadini del mondo”.

“Mario era un sognatore, un idealista ma era anche un ragazzo che conosceva bene quale doveva essere la sua professione. Era laureato in relazioni internazionali, iscritto all’Ordine dei Giornalisti, il suo curriculum di fatto era completamente impegnato nella preparazione sui diritti umani e sulla loro applicazione. In Colombia faceva questo, con alcune attività in un accampamento. L’ultima volta che è venuto in Italia per Natale, nel 2019, l’abbiamo visto molto sconfortato: era certo di poter tornare in Europa, di potersi ritirare una volta concluso il contratto ad agosto”.

La madre di Mario, Anna Motta, ha continuato il suo discorso, arrivando a parlare subito al pubblico delle circostanze della morte. Dopo uno scambio di messaggi, al mattino seguente arriva ai coniugi Paciolla una telefonata: “La legale dell’Onu ci comunica che Mario era morto, che si era suicidato e ci chiede subito se vogliamo la restituzione del corpo. Ma Mario era un amante della vita, escludiamo a priori quest’ipotesi”.

Oltre allo strazio che porta con sé il lutto di un genitore, le circostanze della morte di Mario hanno sollevato nella famiglia Paciolla molti dubbi: quella strana domanda telefonica sulla restituzione del corpo subito dopo aver dato la notizia, il fatto che l’ambasciata non fosse a conoscenza della morte di un cittadino italiano dopo cinque ore dal ritrovamento, una minuziosa operazione di pulizia portata a termine subito dopo il ritrovamento, rendendo difficile le indagini e, molti altri dettagli, sui quali la coppia sta ancora indagando con il proprio avvocato, presente anch’essa alla conferenza di giovedì sera. “L’Onu, che dovrebbe proteggere i diritti umani, non è riuscito a difendere mio figlio” ha concluso in modo più sintetico Pino Paciolla, considerando sconcertante il fatto che la Procura di Roma ha richiesto l’archiviazione del caso, avvenuto soltanto nel 2020, perché non esisterebbe “nessun elemento concreto sull’omicidio”.

La parola è passata poi ai Regeni, dove il primo a parlare è stato il padre di Giulio: il loro caso è stato a lungo oggetto di manifestazioni e dibattiti sul coinvolgimento della diplomazia internazionale, non solo tra l’Egitto e l’Italia ma tra l’Egitto e il mondo intero. La morte del giovane, per l’Europa, non sarebbe infatti di un caso isolato. “Giulio era appassionato di quello che stava facendo, proprio come Mario. Era andato in Egitto per completare un dottorato che stava facendo con l’università di Cambridge. Portava avanti delle indagini sui sindacati e studiava le potenzialità di sviluppo della nazione, dando una possibilità di sviluppo a tutte le classi sociali. Incontrava anche i venditori ambulanti e il fatto che Giulio trattasse alla pari i suoi interlocutori faceva in modo che lui non venisse capito. Non c’erano segnali prima della sua uccisione, adesso sappiamo che è stato tradito forse da più persone, anche coloro che riteneva amici”.

Il pubblico presente in platea ha ascoltato gli interventi in un clima di grande attenzione e sensibilità, superando la semplice compassione nei confronti dei genitori sul palco: “Queste storie non sono distanti dalle nostre realtà, dai nostri ricercatori che studiano all’estero, per esempio – ha affermato Beatrice Bonsembiante nel suo intervento – Possono capitare. Per questo ritengo così importante la serata d’ascolto di questa sera”. In giro per il centro della città si potevano osservare tante spille e striscioni gialli con motti richiedenti verità e giustizia.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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