L’origine del Covid è ancora da stabilire: il virologo Palù identifica due opzioni da verificare

Mentre il virus si indebolisce si riaccende la polemica sull’origine del Covid 19: il professor Giorgio Palù, presidente dell’ AIFA, dichiara al Tg2 e in numerose pubblicazioni scientifiche che le possibilità sono due e che il virus é passato da uomo a uomo ben prima di dicembre 2019, almeno 4-5 mesi prima. 

La questione si è risollevata recentemente, ovvero quando il presidente degli Usa, Joe Biden, ha rilanciato le indagini, richiedendo un rapporto entro 90 giorni dall’Intelligence americana.

Di fatto parrebbe che l’indagine condotta a suo tempo dall’Oms sull’origine e la diffusione del virus sia stata lacunosa e insoddisfacente e di conseguenza il dubbio che si tratti di pura ingegneria genetica di laboratorio rimane.

Alla luce della richiesta di Biden la Cina ha chiesto che l’inchiesta venga allargata anche nelle aree con precoci casi di Covid ma allo stesso tempo non permette alla comunità scientifica di muoversi liberamente all’interno dei laboratori cinesi.

Non sono disponibili campioni di sangue di animali contagiati, né interviste con scienziati o analisi di laboratorio che possono risolvere velocemente i dubbi e questo é un grosso ostacolo anche se ci sono ormai tecnologie avanzate che permetterebbero di ottenere risposte più chiare.

Il noto virologo Palù commenta così l’origine del virus: “È doveroso premettere che una risposta certa l’avremo solo quando la Cina aprirà le porte dei suoi laboratori. Nel frattempo la scienza cerca la sua strada. Io stesso con i miei colleghi ho segnalato due ipotesi sulla sua origine: o nasce dall’animale per poi passare all’uomo o é stato manipolato in laboratorio, come successe con l’HCN1, cosa che ci ricorda come non sia affatto una novità nemmeno che i virus escano dal laboratorio per errore”.

Le due ipotesi per ora continuano a rimanere in ballo. A favore del salto di specie c’è che il virus ha il 98 percento della struttura genomica del virus tipico di una specie di pipistrello. Vi sono però alcune diversità, prima fra tutte la sequenza di una proteina che é evidentemente mutata e che riconosce il recettore delle cellule umane e non più del pipistrello.

Poi non si può parlare di “sito di ricombinazione” (inteso come il momento in cui due virus di specie diverse infettano lo stesso animale e possono scambiarsi le sequenze), il virus ha acquisito una serie di amminoacidi che lo rendono più propenso a infettare le cellule.

Queste caratteristiche, insieme al fatto che la proteina di superficie del virus non abbia una scalanatura tipica di tutti i virus del pipistrello senza contare che non é mai stato trovato in esseri viventi intermedi, fa pensare all’opzione di laboratorio.

“Ci interessa sapere così tanto l’origine del virus perché solo in questo modo è possibile capirne l’evoluzione e la patogenicità” continua Palù.

Senza la collaborazione cinese sarà molto difficile raggiungere un risultato chiaro dunque la spinta di Biden potrebbe essere utile ad un confronto scientifico. D’altro canto, se si provasse che c’è una reale responsabilità cinese, partirebbero ingenti cause di risarcimento da parte di cittadini, ospedali, eccetera, che metterebbero in ginocchio la nazione.

Fa molto pensare che l’opzione dell’errore di laboratorio paresse inizialmente una tesi da complottisti derisa dai più, ma che oggi venga ripresa in considerazione, sebbene senza fanatismi.

La comunità scientifica ricorda che trovare l’eventuale anello che ha fatto da tramite dal pipistrello all’uomo è fondamentale sopratutto per la stessa Cina, che ha questo animale nel proprio territorio.

La virologia – continua Palù – non è una scienza esatta come la matematica o la chimica ma vi si avvicina molto. Per definizione la scienza persegue la conoscenza con ipotesi e metodi sperimentali: sono obbligatorie trasparenza e disponibilità di dati di laboratorio, sostanze e vaccini da studiare e a completa disposizione senza cadere in giochi di spionaggio o strategie di politically correct”.


(Foto: Rai 2).
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