In Veneto esiste un esemplare di ippopotamo pigmeo, uno dei pochi presenti in Italia: si tratta di Pippa, una femmina di questa specie animale che vive dall’inizio degli anni Duemila al Parco Faunistico Cappeller di Cartigliano, in provincia di Vicenza.
Anche se alla vista può apparire un animale simpatico e goffo, questo mammifero africano presenta dei pericoli per l’uomo come il più noto, e ben più grande, ippopotamo anfibio.
“I keeper del nostro parco non entrano mai nel suo recinto quando lei è presente – spiegano dal Cappeller -. Abbiamo infatti un sistema di leve grazie al quale garantiamo la sicurezza del nostro personale e anche degli animali. Pippa risponde bene al training grazie al quale i keeper osservano il suo stato di salute e monitorano i suoi comportamenti senza un contatto fisico con lei”.
Le strutture zoologiche di tutto il mondo, infatti, ricorrono al training, ovvero ad un particolare addestramento, con rinforzo positivo, utile a creare un rapporto di fiducia e di collaborazione tra l’animale e il suo “guardiano”.
“Questo rapporto – si legge in una nota di Aigzoo – permette al guardiano di far eseguire all’animale determinate azioni, fondamentali per svolgere alcune operazioni difficoltose, garantendo inoltre un elevato livello di benessere per l’animale (Desmond & Laule, 1994). Di non trascurabile importanza è anche il valore che il training ha nel garantire un’ottima salute psicologica dell’animale (Melfi, 2013), in particolare per quelle specie per le quali le interazioni sociali e gli stimoli intellettivi sono fondamentali per il loro benessere”.
“Il training – continua -, nella maggior parte dei casi, si basa sul principio del condizionamento operante; esso sfrutta la capacità dell’animale di risolvere problemi attraverso un processo di tentativi e successi accidentali al fine di raggiungere l’obiettivo desiderato. Questa capacità, associata al rinforzo positivo, ovvero ad una ricompensa rilasciata all’animale non appena esegue l’azione che vogliamo ottenere, fa sì che l’animale riproponga l’azione corretta ogni qual volta riceva il comando specifico, associando questo comportamento al raggiungimento del suo obiettivo, ovvero la ricompensa (Forthman & Ogden, 1992)”.
Nel periodo estivo sono molti i Grest e i centri estivi comunali e parrocchiali della provincia di Treviso che da anni organizzano delle uscite al Parco Faunistico Cappeller, di cui Pippa è la mascotte indiscussa.
Il termine ippopotamo deriva dal greco “cavallo di fiume” per via delle somiglianze che intercorrono fra le due specie.
Pur sembrando goffo, in acqua è agilissimo e sulla terraferma corre abbastanza velocemente; sotto la pelle ha uno strato di grasso, spesso circa 5 centimetri, che lo aiuta a galleggiare in acqua e a proteggere gli organi interni dal freddo.
L’ippopotamo pigmeo è un mammifero con una lunghezza corporea di circa 1,60 metri, una coda di soli 20 centimetri, un’altezza di 80 centimetri e un peso di 200 chilogrammi.
Vive nelle regioni dei grandi fiumi e nelle zone paludose dell’Africa occidentale (lo troviamo nelle fitte foreste tropicali della Liberia, della Sierra Leone, della Guinea Bissau e della Costa d’Avorio) e si nutre di diverse graminacee, quali piante acquatiche, alghe, erbe, piante a foglia larga, semi e frutta.
Dopo un periodo di gestazione di circa 6 mesi, nasce mediamente un cucciolo.
Tutti pensano che sia il leone l’animale più pericoloso dell’Africa ma non è proprio così: in un approfondimento di MalindiKenya.net, il portale degli italiani in Kenya, l’ippopotamo (in questo caso si parla di quello anfibio) uccide circa 500 persone all’anno nel continente africano.
Nel 2018, per esempio, in Kenya sono state una trentina le morti provocate da questo animale.
Purtroppo, l’ippopotamo pigmeo è a rischio estinzione a causa della perdita dell’habitat, della caccia illegale per scopi alimentari e per l’avorio dei suoi denti.
“Soltanto qualche migliaio di individui – spiegano dal Bioparco di Roma – vive ancora nel suo habitat originario. La riproduzione in cattività, unitamente alla salvaguardia del suo habitat, è forse l’unica speranza per la salvezza della specie. Sono circa 350 gli ippopotami pigmei che vivono in cattività, in circa 140 zoo del mondo, a cui è dedicato un progetto internazionale di conservazione”.
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