Descriverlo non è facile, ci provo. La parola sostenibilità ha più di 300 anni ed è stata rispolverata nei documenti governativi internazionali e nazionali alla fine degli anni ’80, quando le Nazioni Unite associarono la sostenibilità allo sviluppo dando vita al concetto di sviluppo sostenibile, uno sviluppo cioè che non esaurisca le risorse naturali in grado di soddisfare i bisogni e gli sviluppi futuri delle prossime generazioni.
Se il messaggio quindi non è particolarmente giovane (ha più di 40 anni!) quello che è piuttosto recente è che la sostenibilità ha invaso la pubblicità, il marketing e la comunicazione di prodotti e servizi.
Uno sguardo anche poco attento alla pubblicità e verificherete che oggi tutto è sostenibile. Il marketing ragiona in modo un po’ più raffinato, ma la sostanza non cambia; la paura per un mondo sull’orlo della catastrofe converge nel desiderio di proiettarsi in un presente e futuro migliore per cui non c’è scelta, dalle automobili al tonno dovremmo scegliere quelli che ci confortano con la loro sostenibilità.
E la comunicazione? Vedere cosa fa la comunicazione nel campo della sostenibilità per molte aziende dà l’idea che chi ragiona sia con l’emotività che con la testa, vince. Scansare le verità amministrative, come l’elenco delle certificazioni superflue e irrealistiche e slogan balbettanti per un futuro sostenibile, e cercare invece di misurare il nocciolo della sostenibilità, ovvero le risorse naturali cioè la biodiversità, è ormai diventato il modo imperativo aziendale per dimostrare di essere sostenibili.
Le piccole aziende che “dimostrano” di essere sostenibili, diventano competitive rispetto a quelle che “dicono” di offrire prodotti o servizi sostenibili. Ed è qui che la biodiversità gioca un ruolo fondamentale.
Dimostrare la sostenibilità, quindi, è diventata la carta vincente di molte aziende, di molti prodotti, di molti servizi e di molti territori. Nella comunicazione aziendale attuale si gioca una partita spietata dove non valgono più le regole della pubblicità e del marketing, millantare il bianco più bianco che c’è non funziona, più come dire di salvare panda e balene o usare i prefissi bio ed eco. Sono narrazioni vecchie e inflazionate!
Vieni, compra e verifica che quello che ti dico corrisponde ad un reale bisogno che abbiamo tutti di consumare diversamente è diventato il nuovo motore del mercato. E il reale bisogno di sostenibilità non si ferma alla narrazione della reputazione aziendale che oggi non basta più, abbiamo bisogno di misurare la sostenibilità dei nostri bisogni. E soprattutto abbiamo bisogno di fonti credibili e di trasparenza.
Sono questi i motivi per cui molte aziende hanno cominciato a farne della biodiversità lo strumento cardine per misurare la sostenibilità aziendale. E i dati scientifici, condivisi e verificabili culturalmente da un intero territorio sono diventati la nuova patente aziendale della sostenibilità.
Dagli pneumatici agli infissi ad un caffè, la biodiversità gioca un ruolo determinante nel fatturato aziendale. Perché quando parliamo di sostenibilità di questo si tratta, senza biodiversità la sostenibilità è un concetto vuoto e vacuo, è solo sciocca e falsa pubblicità. E ormai se ne sono accorti tutti, come il mercato ci dimostra.
(Foto: Freepik).
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