In Veneto è stato di preallerta relativamente all’eventuale diffusione della peste suina africana. L’annuncio è di Cia Veneto, alla luce di un incontro sul tema che si è tenuto nei giorni scorsi assieme alla Direzione Prevenzione, sicurezza alimentare e veterinaria della Regione, i servizi veterinari delle Ulss e le organizzazioni agricole.
“È stato avviato un coordinamento fra le autorità sanitarie e le organizzazioni agricole stesse – sottolinea Cia Veneto – Fino ad ora, nella nostra Regione, non sono stati rilevati casi di infezione. Tuttavia, la guardia va mantenuta alta al fine di scongiurare qualsiasi tipo di rischio”.
Stando ai numeri della Banca Dati Nazionale (che consente la rintracciabilità dei capi bovini in tutto il territorio nazionale), in Veneto vi sono 5mila allevamenti suinicoli registrati; di questi, 4mila fino a 4 capi, 500 da 4 a 50 capi, e altri 500 oltre 50 capi.
“In questo momento deve venire rafforzata la biosicurezza, in particolare mediante apposite recinzioni degli allevamenti – aggiunge Cia Veneto – Nella zona eventualmente infetta, la legge prevede la macellazione istantanea di tutti i capi degli allevamenti familiari”.
Per quanto riguarda la peste suina, si tratta di una malattia per la quale, al momento, non esiste un vaccino: si può trasmettere tra i cinghiali e i maiali (non esiste alcun pericolo per l’uomo).
“Tutto il territorio veneto, e soprattutto l’area del Parco Colli Euganei, il Bellunese e la Lessinia, è potenzialmente interessato a motivo della presenza di migliaia di ungulati – precisa il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini – Serve portare avanti con continuità il contenimento di questi animali mediante l’azione di selecontrollori autorizzati”. Non solo. Cia Veneto ricorda che “è stato sottoscritto un protocollo ad hoc fra l’amministrazione regionale e le organizzazioni agricole per la cattura dei cinghiali con gabbie, chiusini, trappole e recinti mobili in rete”.
Oggi la peste suina africana è presente nella vicina Croazia e in Regioni italiane quali Piemonte, Lombardia, Liguria, Basilicata, Campania e Calabria. “L’ultima ordinanza del commissario nazionale alla Psa, Vincenzo Caputo, impone controlli serrati sulle carni suine e di cinghiale, il monitoraggio degli ungulati e, appunto, il rafforzamento della biosicurezza nelle aziende suinicole – chiarisce Passarini – Se questa malattia si diffondesse, milioni di suini sani, destinati principalmente alla produzione dei prosciutti Dop di Parma e San Daniele, dovrebbero essere prematuramente abbattuti”.
“Ciò comporterebbe dei danni ingenti – conclude – e in taluni casi permanenti, alla filiera della salumeria nazionale. Ecco perché non dobbiamo farci trovare impreparati rispetto ad una possibile diffusione della Psa nella nostra Regione”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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