Richiesta l’archiviazione sull’inchiesta di Rimini contro gli alpini: non ci sono prove di molestie durante l’Adunata

Un bel sospiro di sollievo si è diffuso in tutte le Sezioni alpine d’Italia ed estere dopo che ieri, martedì 5 luglio, la Procura di Rimini ha chiesto al Gup (Giudice per le indagini preliminari) di mettere la parola “fine” all’inchiesta partita dalla denuncia di molestie presentata da una donna contro degli alpini senza fornire le generalità.

Dopo l’Adunata di Rimini-San Marino dello scorso maggio oltre cento donne avevano raccontato sui social network e ai giornali di aver subìto molestie e abusi da parte delle Penne Nere, ma solo una si era recata a presentare regolare denuncia ai carabinieri contro ignoti che indossavano il cappello alpino.

Contemporaneamente l’associazione “Non una di meno” aveva avviato una raccolta firme per sospendere le prossime Adunata, in primis quella di Udine del maggio 2023, scatenando duri attacchi generalizzati contro l’Associazione Nazionale Alpini.

Ieri, però, la procuratrice capo Elisabetta Melotti ha chiesto al Gip di chiudere la vicenda perché non ci sarebbero elementi per identificare i presunti colpevoli delle molestie. 

Le ragioni? Il gran numero di persone presenti all’Adunata (circa 90mila gli Alpini della sfilata), non ci sarebbero abbastanza immagini dalle telecamere di sorveglianza e il fatto che la donna che ha presentato la denuncia e la sua testimone non avrebbero fornito particolari utili all’identificazione degli autori delle molestie.

Sulla richiesta di archiviazione ora si dovrà pronunciare il Giudice per le indagini preliminari.

Al momento il presidente dell’ANA, Sebastiano Favero, ha preferito non esprimere giudizi sulla notizia commentando con queste parole: “I 90 giorni scadono il 7-8 agosto, aspettiamo dunque la decisione del Gip sulla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura prima di dire che la vicenda è chiusa. In seguito faremo le dovute considerazioni”.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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