“Riscaldamento globale preoccupante, si rischia un aumento superiore ai 3 gradi”: il report del Sole 24 Ore

Riscaldamento globale preoccupante, si rischia un aumento superiore ai 3 gradi
Riscaldamento globale preoccupante, si rischia un aumento superiore ai 3 gradi

Riportiamo integralmente l’articolo di Gianluca Di Donfrancesco, che il quotidiano Il Sole 24 Ore ha dedicato lo scorso lunedì 21 marzo a un tema al centro dell’attualità: il problema del riscaldamento globale e il possibile scenario futuro.

La siccità che fa crollare il Pil dell’Argentina, le alluvioni che hanno sommerso il Pakistan nel 2022, i cicloni sempre più violenti, come quello che ha flagellato Malawi, Mozambico e Madagascar, l’innalzamento degli oceani che minaccia interi Stati del Pacifico: il climate change non aspetta e già reclama un caro prezzo, mentre i Governi cercano il modo più indolore per rendere sostenibili i sistemi economici.

Lo ricorda la massima autorità scientifica sulla materia, il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni Unite, che ha appena pubblicato un nuovo rapporto. I risultati sono allarmanti quanto scontati: il global warming sta gettando il mondo nel caos.

La temperatura media globale è salita più velocemente dal 1970 che in qualsiasi altro periodo di 50 anni negli ultimi 2mila anni. L’aumento, rispetto al periodo 1850-1900, è già stato di 1,1 gradi e si riducono sempre di più le probabilità di riuscire a tenerlo sotto 1,5 gradi a fine secolo.

È la soglia più ambiziosa fissata dall’Accordo di Parigi del 2015, quella da non superare se si vuol evitare che gli eventi climatici divengano sempre più estremi e dannosi, con effetti irreversibili sulla qualità della vita di miliardi di persone. Ma il gap tra le promesse dei Governi contro i gas serra e le misure applicate è tale che anche la soglia dei 2 gradi è in bilico.

Secondo alcune proiezioni, si rischia un aumento superiore ai 3 gradi e molti scienziati ritengono già oggi impossibile stare sotto 1,5 gradi a fine secolo.

La “finestra di opportunità si sta chiudendo in fretta”, ma c’è ancora tempo per disinnescare “la bomba a orologeria climatica”, come non si stanca di ripetere il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, anche per non legittimare atteggiamenti di resa.

Servono però misure drastiche già in questo decennio per ridurre uso dei combustibili fossili ed emissioni di gas serra. Guterres ha invitato i Paesi sviluppati ad anticipare al 2040 i target “Net Zero”, almeno per chi li ha adottati.

Ed è tornato a chiedere lo stop alla costruzione di nuove centrali a carbone entro il 2030,
oltre all’abbandono della più sporca delle fonti fossili nello stesso anno, nei Paesi avanzati, e nel 2040 in quelli via di sviluppo.

Lo stesso Ipcc ritiene quasi inevitabili sforamenti temporanei della soglia di 1,5 gradi nel prossimo decennio. Del resto, le emissioni nette di anidride carbonica non fanno che aumentare, mentre dovrebbero essere ridotte della metà entro il 2030 e del 60% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019, fino all’azzeramento entro il 2050.

Nel 2021, l’Ipcc ha riconosciuto che il global warming è “inequivocabilmente” opera dell’attività umana. Si sono “ulteriormente rafforzate” le prove dell’attribuzione all’influenza umana di eventi estremi, come ondate di caldo e siccità concomitanti, forti precipitazioni, cicloni tropicali, scrivono ora gli scienziati.

Tra gli sviluppi positivi, c’è il calo dei costi delle energie rinnovabili: tra il 2010 e il 2019, i costi unitari del solare e dell’eolico sono diminuiti dell’85% e del 55%, rispettivamente, e quelli delle batterie agli ioni di litio sono scesi dell’85%.

Oltre a raccomandare l’utilizzo sempre maggiore delle fonti verdi, il report sottolinea l’importanza dei sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, dato che in alcuni
settori, le emissioni sono difficili da abbattere (agricoltura, aviazione, navigazione, siderurgia).

Il cambiamento climatico sta sprofondando il mondo nel caos, ma certe regioni sono colpite in modo sproporzionato. “Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili. Nell’ultimo decennio, le morti per inondazioni, siccità e uragani sono state 15 volte superiori nelle aree più esposte”, afferma Aditi Mukherji, una dei 93 autori del rapporto.

Secondo Madeleine Diouf Sarr, presidente del gruppo dei Paesi meno sviluppati, “conosciamo le soluzioni, ma dobbiamo muoverci più velocemente, con i Paesi ricchi a guidare la via. Siccità, innalzamento dei mari, inondazioni stanno già accadendo”.

Il global warming, avvisa il report, si sommerà a crisi non climatiche, causando effetti a cascata. L’insicurezza alimentare causata dalle siccità, ad esempio, aumenterà con il riscaldamento globale, esasperando i conflitti sociali e politici per il controllo di acqua e terra coltivabile.

Sarà determinante sbloccare i finanziamenti sul clima, promessi alle nazioni in via di sviluppo, ma insufficienti e in forte ritardo.

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(Foto: Freepik).
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