Senza maschera

Stiamo vivendo gli ultimi giorni dell’edizione 2025 del Carnevale. Tutti in maschera per travestirsi, nascondersi, divertirsi e fare scherzi. Ma qual è l’origine della maschera? Che significato e importanza ha avuto nella storia dell’uomo? In pelle, legno, metallo, osso, stoffa, pietra e terracotta: l’uomo, fin dalla preistoria, ha nascosto il volto dietro le maschere. Rituali e di culto, funerarie, teatrali o carnevalesche.

“Da un punto di vista antropologico, la maschera è un simbolo importante – ha scritto di recente su Focus l’antropologo Massimo Centini – presente nella maggior parte delle culture e trasversale a tutte le epoche. Simbolo del viso, la parte principale della testa in cui si concentrava il potere, veniva e viene usata con scopi diversi, ma in generale potremmo definirla un mezzo per rappresentare qualcosa nascondendo qualcos’altro”.Appunto.

Questo è collegato a un periodo dell’anno in cui tutto è consentito, la trasgressione è concessa e favorita, si può arrivare fino a un vero e proprio stravolgimento di ruoli e di posizioni nell’ordine sociale. Infatti, “A Carnevale ogni scherzo vale”, e il mettere la maschera autorizza a cambiare volto e prospettiva, a mutare il profilo personale conosciuto e riconosciuto nella comunità, a nascondere la propria identità, almeno per un breve periodo.  Sotto la maschera sono consentiti sentimenti inediti, espressioni del tutto particolari, atteggiamenti anche mai praticati.

La mutazione della propria fisionomia consente il massimo della libertà: si possono inaugurare e seguire percorsi del tutto nuovi, cambiare completamente la dimensione del volto e le vesti del corpo, ma anche usare un linguaggio diverso da quello abituale, comunicare pensieri assolutamente fuori del normale, dare vigore a ragionamenti, interventi e dinamiche di relazioni con il prossimo fuori dei canoni e delle norme tradizionali. Insomma, la maschera come massimo della libertà e come negazione della verità, al tempo stesso.

Perché un volto occultato, travisato e contraffatto è in linea con un tempo festoso e leggero come quello del Carnevale: la persona non si prende sul serio, dimostra a se stesso e agli altri che può assumere identità diverse, si cala in costumi e personaggi storici, fantastici o contemporanei suscitando ironia, umorismo e divertimento proprio per il fatto di portare con sé un’ immagine e delle vesti del tutto cambiate rispetto a quelle consuete. Libertà e verità, in eterno conflitto, a Carnevale rinnovano il loro duello sotto la maschera, garanzia di per sé che ci troviamo di fronte a una deviazione plateale di strada rispetto alla normalità del cammino quotidiano.

Questo significa che accettiamo lo stravolgimento di regole a Carnevale, solo in questa particolare stagione dell’anno, e che in generale vorremo avere a che fare con la verità delle persone in tutto il restante arco temporale dei dodici mesi. E invece, la prassi di ogni giorno ci ha ormai abituati a convivere con maschere personali sinonimo di cose non vere, mancanza di semplicità, assenza di genuinità, ricorso ai più vari  mezzi e metodi per occultare se stessi, per non rivelare i propri pensieri e le proprie opinioni, per simulare e dissimulare, per non far capire in definitiva la verità su noi stessi a coloro che ci sono vicini. Quanti, artifizi, raggiri, complicazioni, comportamenti poco lineari e trasparenti si mettono in atto per non coinvolgersi sentimentalmente nelle vicende della vita, per poter stare fuori e non impegnarsi, per poter coltivare esclusivamente i propri interessi, per non entrare nella concreta attualità dell’esistenza che il più delle volte ci chiede amore e passione, dono e dedizione, attenzione e cura delle vite degli altri.

Ci troviamo spesso di fronte alle “maschere della quotidianità”, che hanno deciso di recitare una parte e non vogliono proprio manifestare alle altre persone il senso profondo dei propri convincimenti e delle proprie esperienze di vita. Sono quelle che non prendono mai posizione, ufficialmente: il silenzio è sempre d’oro nel loro caso, non si espongono e non pronunciano mai un qualcosa che li possa compromettere, salvo in ristretti circoli privati avere parole spesso critiche e ostili verso le affermazioni e i comportamenti altrui. Come maschere, sono persone non vere.

Di loro non ci si può fidare, perché hanno sempre calcoli propri, disegni propri, strategie proprie, del tutto autoreferenziali e finalizzati unicamente all’affermazione di se stessi e delle proprie ragioni. Nei gruppi organizzati sono ostacoli e zavorra, capaci molte volte di interdire, bloccare, remare contro, sparlare alle spalle.

E in molti casi dicono bugie, per salvarsi, negando quello che hanno comunicato, fatto e costruito in negativo, alimentando un clima difficile e complicato fra quanti vorrebbero invece impegnarsi per il vero bene di tutti. E allora, di fronte a tutto questo, viva le persone semplici, chiare, oneste, trasparenti, genuine, coerenti, dirette e lineari, che non si nascondono e non cambiano il proprio atteggiamento in base alle circostanze, per ragioni di pura convenienza!

Sono le menti e i cuori necessari, questi, per il buon vivere, per coltivare le sane relazioni, per costruire comunità e socialità vitali e coese. Si divertono certamente secondo lo stile di festa tipico a Carnevale, ma per il resto dell’anno sono vere e felici in pienezza, determinanti per rafforzare il senso di un nuovo umanesimo fatto di valori forti e di persone serie. Senza maschera.          

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
(Foto: Archivio Qdpnews.it))
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