Per molti abitanti dell’Alta Marca Trevigiana l’Epifania è sinonimo di Panevin. Il rito propiziatorio di accendere questi falò nasce nell’epoca pre-cristiana e prende il nome da due alimenti comuni nella nostra regione, il pane e il vino, simboli nelle usanze popolari di abbondanza e prosperità.
Nell’anno caratterizzato dal Coronavirus, per evitare il diffondersi dei contagi, tutte queste celebrazioni sono state annullate.
Unpli Veneto non si è arresa a questo stop e, attraverso la pagina Facebook “Veneto Spettacoli di Mistero” con la collaborazione di Roberto Popi Frison, ha voluto idealmente continuare questa tradizione secolare in un viaggio virtuale attraverso le origini, i cambiamenti nel corso degli anni e i dolci dell’Epifania.
In una serata ricca di ospiti collegati da tutta la regione, il primo a parlare è stato il professor Antonio Paolillo, direttore del museo di Crocetta del Montello “La Terra e l’Uomo”, che ha spiegato l’origine della figura della befana posta nella cima dei falò.
“La befana deriva dalla Preistoria – spiega il professore – Un giorno ero con un amico al museo e stavamo guardando il “Piatto di Montebelluna” quando abbiamo notato che l’immagine che rappresentava la dea Reizia era una donna con il naso aquilino, la sottana e gli stivali: ricordava proprio la befana”.
“È stato il cristianesimo a definire la figura della befana come una vecchia strega – continua il professore – Tutte le donne che nelle civiltà antiche usavano erbe medicinali e allucinogeni per creare un legame tra il mondo dei morti e quello dei vivi venivano classificate come streghe e processate. Il rogo era quasi sempre la loro sentenza”.
In Veneto, a seconda delle zone la befana cambia nome e aspetto: nel veneziano non sempre è identificata come brutta e cattiva ma come una giovane meritocratica, che porta il carbone ai bambini che sono stati cattivi. Nell’alto bellunese è diventata come tutti la immaginiamo solo dopo aver sposato un uomo “brutto e sporco”, prendendo il nome nelle favole popolari di Redosega.
Questo festa, però, non è solamente simboleggiata dal “brusar la vecia”, ma anche da alcuni prodotti enogastronomici. Il dolce che meglio rappresenta l’Epifania è la pinza.
Anche questo dolce cambia ingredienti a seconda della zona dove viene realizzato e nasce dalla tradizione contadina: alla vigilia di Natale veniva messo un grosso ceppo nel fuoco, per scaldare Gesù, e le donne preparavano i dolci per grandi e piccoli.
La particolarità è l’utilizzo della farina 00 e di quella da polenta che assieme a miele, latte, uva passa, fichi secchi e numerosi altri ingredienti rendeva l’alimento molto calorico e adatto al freddo di questo periodo dell’anno.
Molte delle ricorrenze nell’Alta Marca Trevigiana nascono da un bisogno pratico degli abitanti di queste terre: la funzione dei falò accesi la sera del 5 gennaio, ad esempio, era quella di richiamare il calore del sole morto durante il solstizio d’inverno. Gli uomini prendevano le braci del fuoco acceso, solitamente al centro della piazza, e, portandole a casa, continuavano a scaldare l’abitazione, la famiglia e il bestiame durante i freddi inverni.
“Tutte le tradizioni che abbiamo raccontato questa sera sono radicate anche nel Quartier del Piave – spiegano dal consorzio Pro Loco Quartier del Piave – Per questo, 25 anni fa, abbiamo deciso di creare il rito di accensione delle torce da un unico fuoco benedetto, per poi distribuirlo ad ogni panevin della zona”.
“I tedofori a volte percorrono anche 25 chilometri incitati dalle persone lungo le strade dei paesi – concludono -, e in base alla distanza le partenze sono scaglionate per permettere a tutte le comunità di accendere i falò contemporaneamente. Sono molti i progetti realizzati da Unpli Veneto ma quello a cui teniamo di più è la valorizzazione del territorio e delle nostre tradizioni ai bambini nelle scuole”.
Proprio grazie al passaggio delle memorie tra le generazioni i panevin, la befana e tutte le storie di questo periodo continuano a vivere, riunendo le persone.
La diretta di ieri sera, seguita in tutta la regione, ha avuto il significato di riunire virtualmente le comunità in attesa di tornare a festeggiare la befana il prossimo anno.
(Fonte: Simone Masetto © Qdpnews.it).
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