Quando gli ultimi decreti sono stati ribaditi dal governo, dalle amministrazioni comunali, da giornali e telegiornali in tutt’Italia, un concetto dev’essere sfuggito a una parte della popolazione, che non ha capito o non ha voluto capire la differenza tra prima e seconda casa: c’è stato chi nell’Alta Marca Trevigiana, forse spaventato per un coronavirus dilagante in provincia, ha pensato di trasferirsi nella propria proprietà in montagna, magari come forma preventiva al contagio.
In Cadore, così come nell’agordino, le giornate di sereno hanno contribuito a spingere alcuni trevigiani a trascorrere il loro isolamento nella loro seconda casa, in quei paesi che, solitamente, non possono certo dirsi trafficati in questo periodo.
Il risultato, per esempio nel paese di Auronzo, il primo weekend dell’isolamento, è stato un aumento di traffico in un paese che conta tremila e duecento abitanti: code davanti ai panifici, farmacie e alimentari, intere famiglie con variopinti zaini da picnic lungo i sentieri, parcheggi troppo pieni per un paesino di montagna nel mese di marzo.
Nessuno vieta di rimanere nelle case montane, la scelta però va fatta usando il buon senso, limitando le uscite e di conseguenza la circolazione, trattandolo come un posto in cui passare la quarantena e non come mezzo di svago.
Prendendo appunto come esempio il paese di Auronzo di Cadore, il sindaco Tatiana Pais Becher ha scritto qualche giorno fa un avviso rivolto proprio a quei turisti che hanno approfittato della propria residenza in paese per isolarsi dal contagio, senza tuttavia riflettere sul fatto che quest’azione potesse effettivamente rappresentare un rischio reale per i cittadini residenti e domiciliati. A rafforzare questo avviso, l’attivazione nel bellunese dei controlli a tappeto da parte delle forze del Comando Provinciale dei Carabinieri (vedi articolo).
Ad avvisare il primo cittadino della presenza dei viaggianti sono stati alcuni commercianti che, contro il proprio interesse ma per rispetto alle normative vigenti, hanno deciso di segnalare il problema.
È da evidenziare che ad Auronzo di Cadore, come in tanti altri comuni di montagna, si vive soprattutto di turismo: per il mantenimento degli equilibri di una comunità simile, altrettanto colpita da cancellazioni nelle strutture alberghiere, è importante arrivare a estirpare il problema dell’isolamento il più presto possibile, nella speranza di avere un’estate calda e un paese frequentato almeno in luglio, agosto e settembre.
(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it).
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