Verso il Conclave: il punto di Marco Roncalli, saggista e pronipote di papa Giovanni XXIII

C’è attesa in vista del Conclave, previsto mercoledì 7 maggio alle 16.30, quando i 133 cardinali elettori entreranno nella Cappella Sistina, per decidere con i loro voti chi sarà il 267esimo papa.

Dopo la scomparsa di papa Francesco, l’attenzione è ora tutta puntata sull’elezione del suo successore, in un clima di attesa e, allo stesso tempo, di curiosità.

A fare il punto sulla situazione in Vaticano è Marco Roncalli, classe 1959, saggista e autore di decine di volumi di storia della Chiesa, molti dei quali tradotti in più lingue. La sua ultima opera si intitola “La città del perdono”, edita da Scholé-Morcelliana e incentrata sulla storia dei Giubilei.

Da ricordare, inoltre, che Marco Roncalli è il pronipote di papa Giovanni XXIII.

Come sarà e che cosa bisogna aspettarsi dal prossimo Conclave?

Quello imminente è un Conclave planetario, il meno eurocentrico. Un Conclave con rappresentanze delle “periferie” del mondo, ma con non pochi cardinali mai incontratisi fra di loro.

Un conclave che ha visto nelle congregazioni generali di questi ultimi giorni il “soccorso” dei porporati ultraottuagenari, esperti nella conoscenza dei meccanismi dell’elezione e che, in queste ore, vede un certo dinamismo di “pontieri” fra le diverse correnti, per così dire.

È un conclave che, come sempre nella storia, dovrà esprimere il papa che potrà fare sintesi: successore di Pietro e di Papa Francesco. Pronto a raccoglierne un’eredità difficilmente archiviabile, anche se, secondo più osservatori, bisognosa di aggiustamenti su dossier aperti. 

Un Conclave dove non mi pare contino le appartenenze geopolitiche, all’interno delle quali troviamo quelle sensibilità che il prossimo papa cercherà di armonizzare.

Ci sono possibilità che venga eletto un papa italiano?

Appunto, come dice lei, ci sono possibilità, anche alte. E c’è quasi una diffusa nostalgia dopo tre papi “stranieri”, anche se nella Chiesa Cattolica, universale, la parola straniero non dovrebbe starci.

Siamo però alla vigilia, come dicevo, di un Conclave planetario. E dove, paradossalmente, ci sono porporati che guidano diocesi di poche migliaia di anime e dove spicca l’assenza di diocesi  italiane importanti, per diversi motivi, da Milano a Venezia, a Palermo. Come pure europee:  Parigi, Los Angeles, Lisbona. Appunto: possibilità.

Ci sono uno o più favoriti in questo momento?

Certo. C’è il superfavorito, il candidato per così dire fisiologico, quello che di sicuro mercoledì 7 maggio al primo scrutinio verrà fuori, con un alto “pacchetto ” di voti. Capace di mediare, sì di spingersi verso l’unità, di far superare le divisioni, che non mancano.

Ma occorrerà che resista alla verifica il giorno dopo e si  coagulino sulla sua persona i voti necessari: al Conclave il quorum è di due terzi. di 133 elettori. Un blocco compatto di un terzo può impedire anche la candidatura più forte. E allora bisogna cercarne altre. 

Poi ci sono altri favoriti. Italiani e non. I nomi li legge anche lei. Si ripetono da giorni nel mondo dell’informazione. Anche se accanto ai papabili, di cui si parlava già con papa Francesco ancora in vita, nelle ultime ore si aggiungono profili nuovi da oltralpe o da oltreoceano.

Quale “eredità” ha lasciato papa Francesco? In questo momento è possibile ipotizzare gli aspetti che porterà avanti il suo successore?

Un’eredità – le dicevo – impossibile da archiviare. Che piaccia o non piaccia. Magari, come dicevo prima, con qualche aggiustamento da fare, bisognosa di qualche nuovo confronto su quanto avvenuto nella Chiesa in sede di diritto e applicazione della giustizia, nei cambiamenti introdotti nella struttura della Curia romana, con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, anche a proposito dei ruoli apicali per laici e laiche nei diversi dicasteri.

Che lascia prefigurare prolungamenti di riflessione su temi come il celibato, la benedizione delle coppie dello stesso sesso, consentita dalla dichiarazione Fiducia supplicans o la comunione ai divorziati risposati, consentita con l’esortazione Amoris laetitia, o la sacra ordinazione delle donne. 

Argomenti sui quali, non sono un mistero, ci sono differenti posizioni in merito fra cardinali. Però, assolutamente, penso che al primo posto non vada dimenticata l’eredità immensa di un pontefice che, comunque, si è sempre battuto per i migranti, i diseredati, i detenuti, gli ultimi che lo hanno accolto anche a Santa Maria Maggiore, il giorno dei funerali.

Ha lavorato per fare almeno da argine all’ascesa di populismi, nazionalismi; ha tuonato contro guerre e corse alle armi. Un vescovo di Roma che – se non è riuscito a impedire un certo stallo nel dialogo ecumenico – sul versante di quello interreligioso, ha ottenuto risultati rilevanti. E sarà difficile non fare tesoro in futuro di encicliche come la Laudato si’ oppure Fratelli tutti.

Su quali aspetti-tematiche il Vaticano è in questo momento più concentrato?

I porporati che partecipano alle Congregazioni Generali – e come sa vi partecipano sia gli elettori che gli ultraottantenni, che non entrano nella Sistina a votare – da giorni stanno analizzando tutti i temi inerenti lo stato della Chiesa, anche negli aspetti economici e pratici.

Venerdì mattina, ad esempio, come ha riferito il portavoce, i cardinali hanno parlato dell’Evangelizzazione come centro del pontificato di papa Francesco, ma anche della sofferenza delle Chiese Orienali, del dovere della testimonianza, ma pure degli abusi. E anche di liturgia, diritto canonico, sinodalità e collegialità.

Sarà un Conclave semplice oppure dobbiamo aspettarci una prima fumata nera?

Posso sbagliarmi, ma fatto il primo scrutinio – certamente fumata nera – tutto non durerà più di due, massimo tre giorni. Salvo sorprese. Non dimentichiamo che l’elezione papale non è un’elezione politica. Sfugge a logiche solo mondane. C’è altro, o no?

Si riferisce allo Spirito Santo?

Certo, lo Spirito santo non vota, votano i cardinali ai quali, come diceva da cardinale il futuro Benedetto XVI, lo Spirito Santo lascia molta libertà. Però i porporati non cercano un leader politico, e nemmeno chi fra loro è il più aggiornato, il più preparato, ma chi garantisce l’unità, la comunione e, così, può confermare i fratelli nella fede.

Per certo versi l’elezione papale è anche un atto teologico. A cosa servirebbero la clausura, la preghiera, il raccoglimento, il tempo per il discernimento, le invocazioni? Non è questione di forme, di riti ereditati da secoli.

È Gesù stesso ad aver promesso che la sua Chiesa sarebbe stata guidata dallo Spirito. Per carità, io non sono un teologo, al massimo studio la storia della Chiesa e mi sono cimentato con biografie e carteggi di papi del Novecento. Però, se apriamo il Vangelo di Matteo, troviamo scritto in modo chiaro “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. E prima anche “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. 

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
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