Congedo di paternità da riconoscere anche alla madre intenzionale

La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità dell’art. 27-bis D.Lgs. 26.03.2001, n. 151, nella parte in cui non riconosce il congedo obbligatorio di paternità a una lavoratrice, genitore intenzionale, in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile.

Con la sentenza n. 115/2025, i giudici delle leggi hanno evidenziato la parità di trattamento delle famiglie omogenitoriali nell’accesso ai sistemi di tutela a sostegno della natalità e della genitorialità.

Come noto, ai sensi dell’art. 27-bis, T.U., il padre lavoratore, nei 2 mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i 5 mesi successivi, è tenuto ad astenersi dal lavoro per un periodo di 10 giorni lavorativi, non frazionabili a ore, da utilizzare anche in via continuativa.

La ricorrente, nel giudizio di primo grado, aveva denunciato la condotta discriminatoria dell’Inps, che aveva adottato una procedura informatica che non consente alle coppie di genitori dello stesso sesso, riconosciute nei registri dello stato civile, di presentare la domanda in via telematica (tramite web) per la fruizione dei congedi parentali, dei periodi di riposo e delle indennità previste dal citato D.Lgs. 26.03.2001, n. 151.

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dalla Corte di Appello di Brescia con riferimento agli artt. 3 e 117, c. 1 della Costituzione, in relazione agli artt. 2 e 3 della direttiva 2000/78/CE e dell’art. 4 della direttiva 2019/1158/UE.

Il giudice a quo denuncia, innanzitutto, la violazione del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della nostra Carta costituzionale, sicché la situazione della madre intenzionale, “secondo genitore” all’interno di una coppia di donne iscritte nei registri dello stato civile come genitori di un minore, e quella del “padre” in una coppia di genitori formata da persone di genere diverso, sarebbero da considerarsi equivalenti in termini di assunzione di responsabilità, di condivisione di un progetto di vita familiare, di esigenza di armonizzare i tempi di lavoro nella necessità di promuovere una relazione stabile con il figlio appena nato. Tuttavia, tali situazioni riceverebbero un trattamento differenziato.

La sentenza ha ritenuto manifestamente irragionevole la disparità di trattamento tra coppie genitoriali composte da persone di sesso diverso e coppie composte da 2 donne riconosciute come genitori di un minore, nato legittimamente attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita. Costoro, infatti, condividono un progetto di genitorialità al pari di una coppia eterosessuale e hanno assunto la titolarità giuridica dei doveri correlati alle funzionali esigenze del minore, che l’ordinamento considera inscindibilmente legati all’esercizio della c.d. responsabilità genitoriale.

La Corte pone altresì in evidenza che il minore ha un carattere di centralità nell’ordinamento nazionale e sovranazionale, sicché il diritto a mantenere un rapporto con entrambi i genitori è riconosciuto a livello di legislazione ordinaria (artt. 315-bis e 337-ter c.c.), nonché da una serie di strumenti internazionali e dell’Unione Europea.

Entrambi i genitori devono, dunque, avere un adeguato tempo da dedicare alla cura del minore, anche attraverso una modulazione delle ore lavorative, in coerenza con le finalità di favorire l’esercizio dei doveri genitoriali e una migliore organizzazione dei c.d. tempi vita-lavoro.

A seguito della pronuncia, il congedo di paternità obbligatorio riconosciuto al padre dovrà essere esteso anche alla lavoratrice, genitore intenzionale, di una coppia di donne che risultano genitori nei registri dello stato civile. Nei fatti, l’Inps dovrà allineare i propri sistemi operativi, così come il principio affermato dovrà essere recepito da tutto il sistema burocratico/nazionale.

(Autore: Michele Siliato – Sistema Ratio)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
(Foto di proprietà di Dplay Srl)
#Qdpnews.it riproduzione riservata

Related Posts