Le cose passate

Abbiamo parlato spesso dell’importanza della memoria come fattore di sostanza e di identità nella vita di ciascuno. Come sguardo sapienziale su quello che siamo stati, sulle vicende che ci hanno riguardato e coinvolto in prima persona, sulle cose che abbiamo avuto, posseduto, donato e ricevuto.

Di più: abbiamo condiviso il valore della  memoria come piena e sentita consapevolezza di essere parte di una storia di continuità e di innovazione, di un “presente del passato” che rappresenta un motore per il futuro, di una dimensione di radici e profondità che assume il sentire collettivo di una comunità, lo conosce, lo riconosce e lo declina alle nuove generazioni. La memoria come parte integrante dell’esistenza delle persone, dunque, anche se nella “società liquida” del tempo attuale, tutta ripiegata sull’immediato, si fa più fatica a comprendere realmente il significato fondamentale di questa “solidità”, di questa pregnanza di valori, di questa attitudine a mai dimenticare le lezioni che arrivano dal tempo trascorso.

Ebbene, non è sempre facile, non è sempre scontato. A volte ci sono memorie pesanti, gravose, ingombranti, che rischiano di rallentare il nostro passo verso il domani, di concentrarci su quanto ormai realizzato e concluso alle nostre spalle, di non vivere con serena accettazione le opere e i giorni della nostra quotidianità.

Infatti, ci sono sofferenze spirituali e morali che non ci abbandonano, ci sono ferite che non si rimarginano, ci sono esperienze negative che continuano a parlarci, a interrogarci, a renderci inquieti e pessimisti. In particolare, ci sono torti subiti, mancanze, ingiustizie patite, strappi e lacerazioni che attraversano la nostra mente e il nostro cuore, e provocano dolore.

E lo fanno anche quando sappiamo perfettamente che non abbiamo colpe, non abbiamo voluto il male di nessuno, non abbiamo agito per spirito di contesa o di ostilità verso qualcuno. Semplicemente, sono successe incomprensioni e divisioni su questioni magari futili e banali, e oggi però continuiamo a pagare le conseguenze di quegli eventi negativi.

Ebbene, è tempo di chiamare per nome le cose del passato che, appunto, sono trascorse, hanno concluso il loro divenire, sono memoria cattiva e, proprio per questo, dannosa e controproducente. Se riusciamo ancora a cambiare e a migliorare il corso di quelle vicende, bene, altrimenti è meglio, molto meglio, lasciar perdere, abbandonare, allontanare dal pensiero quello che non vale, quello che non merita, quello che non serve alla nostra ricerca di felicità autentica.

Anche l’oblio ha una sua funzione molto importante, perché aiuta a vivere, a guardare avanti con fiducia, a non portare con sé zavorra inutilmente pesante. E sarebbe ottima cosa perdonarci, e perdonare, dimenticando, allo stesso tempo. E’ proprio questione di scelte consapevoli, di visione, di lucidità, di amore a se stessi.

Le cose passate appartengono al tempo precedente, concluso, consumato, e non debbono ipotecare il nostro presente e il nostro futuro. Non ne hanno il diritto, e sta a noi darci continue chance di vita nuova, e di vita buona, per l’oggi e per il domani.

E lo stesso vale per la concretezza degli oggetti che possediamo, degli effetti personali che ci circondano, delle cose che sono entrate nel circuito dei nostri averi. Spesso sono diventati superflui, obsoleti, inutilizzabili. Sono spesso in numero spropositato, e inondano spazi e ambienti che invece potrebbero essere destinati ad altri scopi.

Corriamo il rischio di essere condizionati dalle loro storie del passato, e addirittura travolti dallo loro  consistenza e dal loro peso. Anche in questo caso, serve una scelta determinata e precisa: liberarsi dalle cose vecchie e inutili serve agli spazi fisici e a quelli interiori, contribuisce a mettere ordine, migliora la qualità dell’esistenza, aiuta a trovare l’essenziale e a dare le giuste priorità.

Soprattutto, ci mette nella condizione di aprire noi stessi a nuovi impegni, nuove presenze, nuovi acquisti, che rendono più coerente e aggiornato il nostro vivere. Senza perdere l’anima nelle cose, ma riaffermando invece il nostro primato sul mondo inanimato che ci circonda, chiamando per nome le cose passate, e mettendo in campo le cose nuove, che sono la nostra vita in pienezza. Di oggi e di domani, non quella di ieri.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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