CastelBrando non è solo un castello da cartolina, ma un luogo dove ogni pietra racconta storie antiche, segreti di sangue e di potere, di fede e di guerra. Se stai pensando ad una visita autentica – non solo guardare – questo è ciò che devi sapere, chiudendo gli occhi per un attimo e lasciando che la storia ti guidi.
Salendo verso la corte interna ci si rende subito conto che ciò che vediamo oggi è solo un pallido riflesso della struttura che dominava la Valsana nei secoli scorsi. I palazzi attuali, quelli del Cinquecento e del Settecento, offrono una cornice elegante al punto da far dimenticare che originariamente lì attorno si ergevano mura difensive, torrette di guardia e progettazione militare pensata non per l’estetica ma per la difesa.
La corte interna era la spina dorsale della vita quotidiana nel castello antico, il fulcro fra le attività civili, religiose e militari. Accanto a un primo edificio residenziale sorgeva già in epoca primordiale una piccola chiesa romanica, che nel corso del tempo ha subito trasformazioni fino alla struttura che si può visitare oggi.
Quando alzi lo sguardo ai bordi della corte, verso il versante che guarda verso Cison, noti due guardiole vicine alla linea della funicolare. Queste strutture – pensate per l’osservazione – erano le sentinelle silenziose del passo del Praderadego, custodi del traffico militare e commerciale che transitava fra montagne, vallate, confini informali.
Un dettaglio che cattura l’immaginazione è il bassorilievo quattrocentesco, inserito nel muro della corte come se fosse un gioiello antico depositato lì a ricordarci chi furono i protagonisti di queste pietre. Brandolino III è rappresentato sul letto di morte, con l’armatura, con lo stemma familiare sul petto e con scorpioni incisi come segno delle imprese dei Brandolini nelle Crociate. Questi simboli non sono decorativi, ma messaggi: mostrano valore in battaglia, appartenenza, prestigio, un legame con orizzonti lontani e con quelli spirituali.
Immaginare CastelBrando nei secoli XII-XIII significa ripensarlo non come luogo statico ma come organismo vivo, che cresce, si trasforma, aggiunge torri, rinnova il suo impianto religioso, convive con periodi di assedi, di pace, di ricchezza e di decadenza. Ogni epoca lascia tracce: la corte interna ne custodisce alcune — nel disegno, nei materiali, nei resti romanici, nelle decorazioni tardomedievali — che ti riportano indietro nel tempo.
Se decidi di andarci, ti suggerirei di andarci con calma, all’ora in cui la luce fa vibrare le pietre, magari al tramonto, quando il panorama si apre e l’aria diventa silenziosa, sospesa. Prenota una visita guidata: è davvero l’unico modo per accedere ai segreti veri del luogo, per sentire la voce di Brandolino III, di chi viveva nel castello antico, di chi costruiva muri e torri con lo sguardo fisso alle montagne.
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