Se ti capita di passare da Cison di Valmarino, nel cuore del Veneto, merita davvero una visita il Museo della Radio d’Epoca: un luogo dove suoni, forme antiche e innovazioni di ieri conversano tra loro, raccontando come la radio abbia trasformato la vita quotidiana. Immerso nella piazza principale del paese, in uno spazio luminoso al piano superiore del teatro “La Loggia”, il museo si distende per quasi 250 metri quadrati, accogliendo chi è curioso e chi già ama l’idea del suono che attraversa il tempo.
Varcando la soglia, si avverte subito che non si tratta solo di apparecchi da vedere – qui ogni radio è accompagnata da una storia. La collezione abbraccia epoche diverse: dagli anni Venti, quando i modelli erano ingombranti mobili che dominavano la stanza, fino alle radio portatili e alle prime transistor italiane degli anni Cinquanta‑Sessanta; ci sono apparecchi che arrivano anche da oltreoceano, modelli che un tempo erano oggetti di lusso, ma ora parlano delle abitudini di una società che stava scoprendo l’onda sonora come mezzo per informarsi, intrattenersi, sognare.
Oltre ai modelli che mostrano l’evoluzione tecnologica, il museo custodisce pezzi davvero particolari. Uno di questi è la “Radio Caterina”, costruita nei lager nazisti con materiali di fortuna: lamette, matite, imputazioni di origine artigianale che tanto raccontano della speranza che le frequenze potessero anticipare il vento della liberazione. Accanto a queste emergono le voci e le trasmissioni che segnarono l’Italia durante il fascismo, fino alle manifestazioni più popolari degli anni Sessanta e Settanta, con volti come quello di Adriano Celentano e Iva Zanicchi proiettati su schermi, affiancati da manifesti e locandine di programmi storici.
Dietro il museo c’è la passione di chi lo cura: Lizio Brandalise persegue un sogno coltivato fin da piccolo, insieme a Rino Venezian; entrambi radicati nel territorio, entrambi mossi dall’idea di salvare quei pezzi che altrimenti sarebbero andati perduti. Brandalise, che ha dedicato tempo e risorse anche nella riparazione, nell’acquisto, nella ricerca, sogna ora di riservare uno spazio didattico particolare per il suo conterraneo Virginio Floriani, ingegnere e fondatore della Telettra. La figura di Floriani emerge nel museo non solo come esempio locale di successo industriale, ma come ponte tra l’invenzione e la dimensione sociale della comunicazione, fra telefono, telematica e trasmissioni, con intuizioni che arrivarono a innovazioni ancora oggi fondamentali.


Un pomeriggio trascorso qui restituisce il sapore di un’epoca in cui la radio significava scoperta, attesa, comunità: ascoltare un apparecchio vintage significa sintonizzarsi su un certo modo di vivere che ormai appartiene al passato, ma che ha lasciato tracce profonde. Se vuoi goderti il museo al meglio, è bello andarci con calma, magari accompagnato da qualcuno che conosce la storia della radio, o anche semplicemente con l’orecchio attivo: quello che senti, quello che immagini, è parte integrante dell’esperienza.
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