“Ho voluto raccontare la frattura nella vita delle persone”: Marco De Biasi presenta il suo “Vajont. La fine di un’epoca”

Il 9 ottobre 1963 è una data destinata a rimanere indelebile: quella sera si consumò la tragedia del Vajont, quando una frana dal Monte Toc cadde nelle acque della diga, provocando una terribile inondazione, che distrusse buona parte del fondovalle, tra cui Longarone.

Quella sera morirono oltre 1.900 persone, di cui quasi 500 bimbi e adolescenti.

Da allora non è mai mancato il ricordo delle vittime di quella che, probabilmente, era una tragedia che si sarebbe potuta evitare, se fossero stati presi in considerazione i segnali emersi nel tempo.

Tra chi ha voluto ricordare quanto avvenuto c’è anche Marco De Biasi, 48enne vittoriese, insegnante di chitarra classica alla scuola media, musicista, autore di quadri e di video.

Un ricordo che è emerso dall’intreccio tra scrittura, musica, fotografia e video, che ha dato vita al volume “Vajont. La fine di un’epoca”, pubblicato da Cierre Edizioni.

“Si tratta del mio primo libro. Tutto è iniziato dalla composizione della musica, a cui è seguito un lavoro di associazione ad alcune immagini del Vajont. Poi è arrivata anche la volontà di sviluppare un video – la premessa dell’autore -. La volontà non era quella di riproporre dei numeri, ma di andare in profondità, tramite un linguaggio simbolico. Volevo creare una narrazione, tramite un linguaggio che lavora sull’intuizione, andando al di sopra del lato razionale”.

“Ho voluto raccontare la frattura che la tragedia ha creato nella vita delle persone e credo che queste siano delle immagini che creano un’emozione – ha proseguito -. Si tratta di un accostamento di immagini”.

Il volume consente di ascoltare la musica composta e di osservare il video creato tramite una serie di Qr Code presenti tra le pagine dell’opera e, allo stesso tempo, di sfogliare una galleria di immagini, associate a una narrazione scritta.

Tutti gli elementi dialogano tra loro, per raccontare “La fine di un’epoca”, come recita il titolo, riferendosi all’immagine della diga intesa come “un limite tra ciò che c’era prima e la realtà trasformata a seguito della tragedia”.

“Il brano da cui è partito tutto è arrivato quasi per caso e sembrava una sorta di canto funebre – ha proseguito -. Ricordo di essere stato sul Vajont da piccolo, quando avevo 6 anni, insieme a mio nonno: all’epoca non avevo capito la proporzione di quanto era avvenuto, non me n’ero reso conto”.

La creazione di questo volume ha portato l’autore a parlare con i superstiti, che l’hanno “aiutato a trovare il filo del discorso”.

“Il libro rientra in un progetto più ampio, intitolato ‘Canto natìo’, ovvero una narrazione del territorio locale – ha aggiunto -. Alla scrittura del libro non ci avevo pensato: è stata la conseguenza di un percorso”.

L’opera è suddivisa in cinque sezioni, corrispondenti alle 5 parti del brano musicale di partenza. Presenti immagini suggestive, a partire dalla foto degli orologi rimasti fermi all’orario della tragedia – le 22.39 – fino all’istantanea che immortala gli alberi rimasti piegati a seguito di quella terribile inondazione.

“Per questo libro vorrei ringraziare chi ha sostenuto il progetto, tramite una raccolta fondi, che ha coinvolto Banca Prealpi SanBiagio, Tonon Evolution, l’associazione ‘Il futuro della memoria’ e tutte quelle persone che hanno fatto una donazione in fase di prevendita dell’opera. Libro che ha inoltre il patrocinio dei Comuni di Longarone, Erto e Casso, della Fondazione Vajont e dell’associazione culturale Tina Merlin”, ha concluso.

“Vajont. La fine di un’epoca” sarà presentato questa sera alle 20.30 nella Casa del Musichiere di Moriago della Battaglia.

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto e videointervista: Arianna Ceschin. Video: archivio Qdpnews.it)
(Articolo, foto e video di proprietà di Dplay Srl)
#Qdpnews.it riproduzione riservata

Related Posts