Immerso in una conca silenziosa tra le suggestive colline di Colbertaldo, frazione del comune di Vidor, il Santuario della Madonna delle Grazie si presenta come un luogo di contemplazione dove storia, natura e devozione si intrecciano. La sua posizione, al margine del torrente Teva e lontana dal traffico e dal ritmo cittadino, crea fin dal primo sguardo la sensazione di un tempo sospeso, quasi intatto.
Le origini del santuario si perdono nella metà del XIV secolo, in un’epoca in cui la peste nera devastava le terre trevigiane. Furono i frati dei Servi di Maria, provenienti dal convento di Santa Caterina a Treviso, a trovare rifugio in queste colline tra gli anni 1346-1353, e ad avviare la devozione verso l’immagine della Vergine custodita in una piccola cappella preesistente. In quel tempo difficile, la popolazione dei villaggi vicini fu risparmiata dal contagio, e questo fatto alimentò la fede nel potere salvifico di quel luogo, che da allora prese il nome di “Madonna delle Grazie”.
Col passare dei secoli si assistette a una crescita del complesso: la chiesa venne ampliata, il convento – la “casa granda” – si consolidò nel Cinquecento, e nel tempo il santuario divenne punto di riferimento per i fedeli dei dintorni. Verso la fine del Settecento, tuttavia, l’assetto religioso cambiò con la soppressione dei monaci da parte della Repubblica di Venezia nel 1776; il complesso fu destinato a ospizio, e più tardi, nel XIX secolo, divenne persino lazzaretto per malati di colera.
All’interno della chiesa, l’occhio viene inevitabilmente attratto dall’affresco che raffigura la Madonna col Bambino e l’Annunciazione, databile all’ultimo quarto del XV secolo e realizzato da un pittore locale che attingeva alle scuole tardogotiche dei Vivarini e dei Tolmezzini. I toni caldi – ocra e rosso-mattone – richiamano la terra delle colline circostanti, rendendo l’opera non solo testimonianza artistica ma anche parte integrante del paesaggio visivo del luogo. Le pareti della chiesa sono inoltre ornate da numerosi ex-voto, segno della continua presenza della gente e della devozione popolare che si rinnova nel tempo.
Visitare il santuario significa scegliere un momento di rallentamento: arrivati per la strada che sale tra i vigneti delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, si lascia alle spalle la frenesia e ci si apre al silenzio del luogo. All’esterno, il grande cortile centrale — che un tempo era il fulcro della vita monastica — invita a una sosta, ad ascoltare il vento tra le foglie o il semplice suono dell’acqua del torrente vicino: un invito a contemplare.
Durante la bella stagione, la celebrazione della Messa ogni domenica attrae ancora fedeli da molti paesi vicini: la devozione non si è spenta nel tempo ma si è anzi rinnovata, aggiungendo al sacro anche la dimensione della comunità e dell’incontro. Inoltre, il santuario si inserisce nei percorsi culturali e paesaggistici della zona: ad esempio, nel contesto della rassegna “Le Vie dei Santi” è segnalato come tappa ideale per chi vuole scoprire l’arte sacra tra i colli, unendo la visita del luogo a una camminata tra vigneti e borghi.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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