Citata per la prima volta nel 1526, la chiesa di S. Bartolomeo di Triches, il cui beneficio era costituito da prati e campi affittati ogni tre anni ai regolieri, fu elevata a sussidiaria della Pieve di S. Giustina di Limana per l’amministrazione dei Sacramenti degli abitanti di Triches e Navenze (1807).
Ampliata nel 1691, disponeva di un genuflessorio (per la famiglia Ceccati de Crepadoni), di una pila dell’acqua santa murata e di un altare ligneo con pala, ora posta sotto da una mensa realizzata da Franco Fiabane. Sulla parete del presbiterio, entro fitte nicchie di tipo trompe-l’oeil, atte ad accentuare l’illusorio senso di profondità, sono emersi nel 1974 affreschi del primo Cinquecento, che presentano “qualche dotto accento, evocante pur sfuocati ricordi di Paris Bordon” (F. Vizzutti, 2009).
L’immagine del titolare San Bartolomeo, rivestito da una rossa tunica talare (colore allusivo al versamento del proprio sangue a suggello della Fede), “pare colta in atteggiamento potenzialmente dinamico, quasi l’ignoto pittore avesse voluto conferirgli un tocco di vitalità”. Accanto a un appena accennato San Rocco e a un “sensibile e raffinato” Sant’Antonio Abate spicca la tornita anatomia di San Sebastiano, “il cui vigore formale e il monumentale plasticismo vengono nettamente marcati dalle maggiori dimensioni” (F. Vizzutti, 2009).
Sono databili a metà del Settecento gli affreschi degli Evangelisti e dello ieratico Eterno Padre che, recumbente da un oculo centrale, trattiene il globo terracqueo (simbolo della sua universale signoria).
Citata per la prima volta nel 1519, l’antica chiesa dei SS. Vittore e Corona di Polentes era dotata di cimitero, cinto da muri, per la sepoltura dei bambini (1726). Nel corso del XVI e XVII secolo beneficiò delle cure e delle commissioni dell’aristocratica famiglia dei Ceccati de Crepadoni, che la fecero prima restaurare (1621) e poi riedificare dalle fondamenta (1644).
Restaurato altre volte (1862 e 1883) e infine benedetto (1869), l’edificio decadde irrimediabilmente nel corso del XX secolo. L’attuale chiesa fu edificata più a valle su progetto dell’architetto Giuliano Riva e consacrata dal vescovo di Belluno Gioachino Muccin (1973).
Sull’altare seicentesco campeggiano gli stemmi del vescovo Giulio Berlendis, della nobile famiglia Ceccati de Crepadoni e del pievano Giuseppe Polla. L’alzata lignea, con gattoni laterali arricchiti da cornucopie, mostra al centro del frontone spezzato una statua dell’Eterno Padre benedicente.
La pala della Madonna con Bambino in gloria tra i santi Vittore e Corona, dipinta da Francesco Frigimelica a ridosso nel 1598, si deve alla commissione di Antonio Ceccati de Crepadoni. La Madonna, circonfusa di armonie solari, trattiene il Bambino, proteso verso san Vittore, mentre santa Corona innalza allusivamente l’eponimo diadema regale, eloquente metafora del premio eterno assicurato a quanti hanno reso testimonianza di fede, giungendo sino all’effusione del proprio sangue.
La rappresentazione, calata in un’imperturbabile dimensione atemporale entro uno spazio piuttosto contratto, mostra una luce di radiosità ultraterrena nel settore sommitale della pala. Sullo sfondo, tra le due figure dei santi, si intravede un branetto paesaggistico con la chiesetta di Polentes (G. Reolon, 2016), “squarcio di fragile bellezza, lirica rievocazione quasi da sogno, tutta tramata sulla lieve gamma di tinte fredde e perlacee, che ci lascia però un’impressione quasi atmosferica e ambientale” (F. Vizzutti, 2009).
(Autore: Giuliano Ros)
(Foto e video: Mihaela Condurache)
(Foto e video di proprietà di Dplay Srl)
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