Chi arriva a Vidor e sale sulla collina del Castello vede subito emergere, tra il verde, la sagoma chiara del Monumento ai Caduti. È uno dei luoghi più riconoscibili del paese, punto di arrivo naturale per chi vuole a;acciarsi sul Piave e sulle colline oggi riconosciute Patrimonio dell’Umanità, ma anche spazio di memoria collettiva, nato dalle ferite della guerra per diventare un segno di pace.
A far riscoprire questo luogo è stato il lavoro della professoressa Maurizia Manto, storica locale che da anni studia l’abbazia di Santa Bona e la storia di Vidor. Accompagnati dal suo racconto, si scopre che la cima del colle è stata per secoli un punto conteso e strategico. In epoca medievale, proprio dove oggi si innalza il monumento, sorgeva la chiesa di Santa Maria in Castello, antica parrocchiale di Vidor fino al 1748, quando fu inaugurata la nuova chiesa in piazza dedicata al Santo Nome di Maria. Per generazioni questo poggio è stato un riferimento per la spiritualità dei vidoresi, prima che le idee dell’Illuminismo iniziassero a modificare il volto religioso e culturale della comunità.


Il monumento che oggi vediamo è frutto della ricostruzione seguita alla Prima guerra mondiale. La collina fu duramente coinvolta nel conflitto, e proprio qui Vidor ha scelto di ricordare i suoi caduti. Nel piano inferiore del complesso si trova una cripta-ossario che custodisce le salme dei soldati del paese, mentre al di sopra si alza un tempio in stile romanico, circondato da un porticato che incornicia il panorama sul fiume e sulle colline circostanti. L’insieme, semplice e solenne, trasforma l’antico “castello” in uno dei luoghi simbolo del territorio.
A dominare il complesso è il campanile principale, sulla cui sommità si trova la statua della Vittoria Alata, rivolta verso il Piave. Non è una scelta casuale: la figura femminile, colta nel gesto di slancio, rappresenta il messaggio più profondo del monumento, quello di una vittoria che non esalta la guerra ma indica la pace come orizzonte per tutti gli uomini della terra. È come se, da quassù, un segnale silenzioso scivolasse lungo il corso del fiume, ripetendo a chi passa che il prezzo pagato in queste valli non deve essere dimenticato.
Salire sul colle del Castello, fermarsi sul piazzale o sotto il porticato e lasciare correre lo sguardo sull’orizzonte significa anche questo: pensare a chi, in questo stesso punto, è morto tra atroci so;erenze, immaginare giovani soldati che avrebbero voluto solo tornare a casa. La memoria del monumento non è fatta solo di nomi incisi o di lapidi, ma di un invito alla riflessione sul passato e sul futuro della gente del Piave.
Per la comunità vidorese, la storia del Monumento ai Caduti e di chi lo ha costruito è diventata un patrimonio da trasmettere alle nuove generazioni. L’auspicio, espresso nelle parole stesse del servizio da cui nasce questo racconto, è che il ragazzo che sceglie il colle del Castello per
il suo primo bacio, a;ascinato dal paesaggio da cartolina, non cammini distratto sugli stessi gradini calpestati più di un secolo fa da chi qui ha combattuto e so;erto. Conoscere ciò che è accaduto in questo luogo permette di viverlo con uno sguardo diverso, più consapevole, capace di tenere insieme bellezza, storia e desiderio di pace.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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