Molinetto della Croda, cartolina viva: dove la comunità di Refrontolo si riconosce

Le famiglie che da generazioni vivono a Refrontolo sanno che il Molinetto della Croda non è soltanto una cartolina da fotografare, un angolo scenografico dove portare gli amici in visita. È un luogo che, dietro l’immagine perfetta della cascata e del laghetto, custodisce una storia quotidiana molto più ricca, fatta di lavoro, incontri e relazioni che ancora oggi sorprendono chi decide di fermarsi un po’ più a lungo.

Come succede per i monumenti più rappresentativi di un territorio, anche qui esiste una distanza tra ciò che si coglie a colpo d’occhio e ciò che il sito racconta davvero. Dietro la facciata pittoresca, il Molinetto rivela dinamiche di vita di paese più interessanti di qualsiasi foto ricordo. La sua straordinaria conservazione nel tempo lo rende un luogo unico, ma il vero cuore dell’esperienza è oggi lo spirito di comunità: sono i volontari che se ne prendono cura, insieme a chi lo ha fatto in passato, a costituire il motore vivo di questo racconto.

Il mulino potrebbe essere stato costruito intorno al 1630, anche se alcune testimonianze scritte ne suggeriscono l’esistenza in epoche ancora più antiche. Sin dalle origini è stato sinonimo di comunità: all’interno della struttura principale vivevano cinque nuclei familiari diversi, impegnati a condividere spazi e lavoro. I mugnai non godevano sempre di buona fama, perché si diceva che il guadagno trattenuto dalla farina di mais non fosse proprio proporzionale al reso, ma il loro ruolo era comunque fondamentale per la sopravvivenza del paese. In tempi di grande povertà, quando nei cestini al centro della tavola non c’era il pane ma la polenta, anche un etto di farina poteva fare davvero la differenza.

Il Molinetto era anche un luogo d’incontro: chi portava il mais e chi lo macinava si ritrovavano nello stesso cortile, e tra una consegna e l’altra c’era sempre tempo per scambiare due parole, bere un bicchiere di vino o giocare a carte. La storia del sito incrocia anche quella dei conflitti del Novecento: nell’ultimo periodo della Prima guerra mondiale, fra Caporetto e Vittorio Veneto, il mulino fu utilizzato dai soldati austro-ungarici. A ricordarlo rimangono due fotografie d’epoca, esposte oggi nelle stanze adibite a museo, che aggiungono un tassello in più alla memoria del luogo.

Come sottolinea Luca Lorenzetto, presidente dell’associazione Molinetto della Croda, la scelta di costruire qui il mulino non rispondeva a un’idea estetica, ma a un calcolo pratico molto lucido. Il torrente Lierza era, e rimane, una fonte di energia affidabile, capace di alimentare la macina per tutto l’anno. Anche se il suo corso alterna stagioni di abbondanza ad altre in cui l’acqua si riduce a un piccolo rigolo, il sistema – simile a quello dei mulini di montagna – non necessita di una corrente violenta per funzionare. Colpisce sempre i visitatori scoprire che la ruota del mulino, perfettamente funzionante e ancora oggi in grado di produrre ottima farina, non tocca l’acqua del laghetto che vediamo al di sotto, ma rimane sospesa. È il peso dell’acqua che cade nei cassetti della ruota, convogliata da una canaletta che devia una parte del flusso della cascata, a imprimere il movimento continuo.

Il tramonto dell’attività iniziò con l’arrivo dell’elettricità, verso la fine della Seconda guerra mondiale, quando, come per le miniere vicine, macinare la farina divenne un’operazione molto più semplice, rapida e meno faticosa. Nel giro di pochi anni i mulini tradizionali furono considerati tecnologie superate. Eppure, chi oggi assaggia una polenta preparata con la farina del Molinetto della Croda riconosce ancora il gusto autentico di una volta, frutto di una molitura lenta e di mugnai che continuano a fare il proprio lavoro con attenzione.

Il fatto che oggi possiamo ammirare il complesso con le sue anatre che sguazzano tranquille nel laghetto sotto la cascatella lo si deve alla scelta di chi, in passato, ha voluto salvare questo luogo. Dopo il fallimento di un noto industriale che aveva acquistato l’area per uso personale, fu il Comune di Refrontolo, guidato allora dal sindaco Pietro Lorenzon, a decidere di acquisire il Molinetto, affrontando grandi sforzi economici e qualche sacrificio. Da quel momento, questo scorcio è diventato ufficialmente il bene più prezioso della comunità, un patrimonio condiviso con chi arriva da fuori.

Negli anni successivi Lorenzon promosse una serie di restauri e diede vita a un’associazione dedicata alla cura del sito, che ancora oggi gestisce l’intera area. Con il tempo il Molinetto ha conosciuto una nuova stagione: è diventato una meta turistica riconosciuta, un “luogo del cuore” del FAI, un set cinematografico per il film “Mogliamante”, una location per mostre d’arte e una fonte d’ispirazione per artisti come Angelo Lorenzon e Tiziana d’Agostin. Oggi è una delle cartoline più note dell’area Unesco, ma anche, e soprattutto, un luogo in cui la storia locale continua a essere raccontata dal vivo.

«Anche in questo periodo di chiusura – ricorda il presidente Luca Lorenzetto – l’area esterna viene curata come se i turisti potessero arrivare da un momento all’altro». A Natale i volontari allestiscono il presepe illuminato, mentre in primavera lavorano per abbellire ogni angolo del sito, seguendo quella che lo stesso Lorenzetto definisce “l’eredità della volontà di Pietro Lorenzon”, alla quale si deve gran parte della soddisfazione con cui oggi il paese guarda al proprio Molinetto.

Nonostante i riconoscimenti ufficiali e la crescente celebrità, la magia più autentica del Molinetto della Croda rimane lo spirito di comunità che si respira tra le sue pietre. Lo si vede nei gesti silenziosi dei volontari: c’è chi toglie le erbacce, chi addobba la staccionata, chi nutre le anatre o mostra a un visitatore come si produceva un tempo la farina, azionando leve e ingranaggi ancora perfettamente oliati e privi di cigolii. Sono attenzioni che danno l’impressione di trovarsi in una proprietà privata amata e custodita, più che in un’area pubblica. Eppure questo luogo è aperto e condiviso, anche con chi a Refrontolo passa una sola volta nella vita e porta via, insieme alla foto di rito, il ricordo di una comunità che continua a riconoscersi nel suo Molinetto.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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