Mio malgrado mi trovo in una discussione in cui si discute di prelievo sostenibile armati di tutto fuorché di numeri. Si parla di etica, di antiche tradizioni, di diritti, di equilibri naturali vagamente evocati, ma nessuno porta sul tavolo un dato concreto sulla dinamica delle popolazioni oggetto del dibattito (in questo caso, capriolo).
Come più volte sottolineato in questa rubrica, la sostenibilità non si valuta attraverso considerazioni morali o dichiarazioni di buone intenzioni, ma richiede un approccio rigorosamente quantitativo e qualitativo.
Il concetto stesso di sostenibilità affonda le sue radici in un principio forestale teorizzato oltre quattro secoli fa: “non asportare più legname di quello che i boschi sono in grado di rigenerare”. Questo metodo scientifico rappresenta ancora oggi il fondamento per valutare la sostenibilità nell’utilizzo di qualsiasi risorsa naturale, comprese le popolazioni faunistiche.
È evidente che stimare il numero di alberi in una foresta risulta più semplice rispetto al conteggio degli animali selvatici, ma la moderna (si fa per dire) gestione faunistica ha sviluppato tecniche e strumenti di monitoraggio in grado di fornire stime accurate delle popolazioni. Se il forestale sa contare i suoi alberi per pianificare i tagli sostenibili, altrettanto deve saper fare il biologo con gli animali per determinare i prelievi venatori compatibili con il concetto di sostenibilità.
Per rendere più chiaro questo principio, possiamo utilizzare una semplice analogia bancaria. Immaginate di avere 100 euro in banca con un tasso di interesse del 2% annuo, ogni anno maturerete 2 euro di interessi. Se prelevate esattamente questi 2 euro, il vostro capitale rimarrà invariato a 100 euro. Se ne prelevate meno, il capitale crescerà; se ne prelevate di più, si ridurrà progressivamente fino ad esaurirsi.
La stessa logica si applica alla gestione faunistica (che è sempre attività diversa dalla gestione venatoria!): una popolazione di 100 animali che incrementa ogni anno, mettiamo il caso, di 25 individui può sostenere un prelievo venatorio di 25 capi senza subire variazioni numeriche. Superare questa soglia significa intaccare il “capitale riproduttivo”, compromettendo la sostenibilità a lungo termine.
Conoscendo quindi la stima della popolazione iniziale (il capitale) e l’incremento utile annuo della popolazione (gli interessi), il calcolo non è difficile.
Non importa quanto sia una brava persona il vostro interlocutore e quanto “si faccia voler bene” da voi e dal resto dell’umanità, se non vi parla di numeri, se non si confronta con una serie significativa di dati che mostrino stime di popolazioni e dati (certi) sugli abbattimenti, non sta parlando di prelievo sostenibile, è tutta fuffa.
Suona bene, ma è sempre fuffa.
(Autore: Paola Peresin)
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