Proseguono gli approfondimenti di Qdpnews.it su Leggi e Codici che regolano il nostro ordinamento, in collaborazione con gli avvocati Gabriele Traina e Alessandro Pierobon. Buona lettura.
Chi di noi non ha mai dato una mano ad un parente od amico per alcuni lavori in casa o in campagna? Credo tutti. Non tutti però sanno che tale disponibilità potrebbe riservare alcune spiacevoli sorprese in caso di infortunio. Vediamo una panoramica sulla normativa e sugli ultimi orientamenti della Cassazione penale.
L’applicazione dell’aggravante penale relativa alla violazione delle norme antinfortunistiche nei contesti di lavoro svolto in ambito familiare è oggetto di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale. La questione riguarda, in particolare, la possibilità di estendere la disciplina penalistica tipica dei rapporti di lavoro formali anche alle prestazioni rese in modo spontaneo, gratuito e informale tra familiari.
Orientamenti di giurisprudenza e di prassi
La disciplina delle aggravanti penali in materia di infortuni sul lavoro è contenuta negli artt. 589, comma 2, e 590, comma 3, c.p., che prevedono un aumento di pena qualora la morte o le lesioni siano cagionate con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il D.Lgs. n. 81/2008, all’art. 2, definisce “lavoratore” come la persona che svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, ma esclude espressamente gli addetti ai servizi domestici e familiari.
La Cassazione ha affermato che l’aggravante può trovare applicazione anche in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, purché la prestazione sia svolta in un ambiente che possa qualificarsi come “luogo di lavoro” (Cass. Pen., Sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 7730; Cass. Pen., Sez. IV, 19 dicembre 2023, n. 7192). Tuttavia, questa interpretazione è stata criticata in dottrina e da parte della giurisprudenza, in quanto rischia di integrare una forma di analogia in malam partem, vietata dal principio di legalità (art. 25 Cost., art. 1 c.p.), estendendo la nozione di “lavoro” anche a contesti puramente familiari o amicali, privi di organizzazione e professionalità (F. Consulich, Manuale di diritto penale del lavoro, 2024, 34; Cass. Pen., Sez. IV, 13 giugno 2019, n. 45935).
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che gli obblighi antinfortunistici gravino solo su specifiche categorie di soggetti (datore di lavoro, committente, ecc.) e non su chiunque si avvalga, in modo estemporaneo e gratuito, dell’opera di un familiare (Cass. Pen., Sez. IV, 8 gennaio 2021, n. 32899; art. 2087 c.c.; artt. 17 ss. D.Lgs. n. 81/2008). L’art. 230-bis c.c. riconosce rilevanza giuridica solo al lavoro continuativo e organizzato prestato in ambito familiare, non alle prestazioni occasionali o di favore.
Concludendo:
L’applicazione dell’aggravante penale per violazione delle norme antinfortunistiche ai lavori svolti in contesti familiari non trova fondamento normativo quando si tratta di prestazioni estemporanee, gratuite e non organizzate. L’orientamento più rigoroso, conforme ai principi di legalità e tassatività, esclude l’estensione automatica delle aggravanti penali ai rapporti familiari, salvo che non ricorrano i presupposti di un vero e proprio rapporto di lavoro, anche di fatto, con carattere di continuità e organizzazione. In assenza di tali elementi, la responsabilità penale resta circoscritta alle ipotesi di omicidio o lesioni colpose “semplici”, senza aggravante antinfortunistica (Cass. Pen., Sez. IV, 19 dicembre 2023, n. 7192; art. 589, comma 2, c.p.; art. 2 D.Lgs. n. 81/2008; art. 230-bis c.c.).
(Autore: Alessandro Pierobon)
(Foto e video: Mihaela Condurache)
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