LegalMente. Lo stato giuridico degli animali da affezione

L’avvocato Alessandro Pierobon

Proseguono gli approfondimenti di Qdpnews.it su Leggi e Codici che regolano il nostro ordinamento, in collaborazione con gli avvocati Gabriele Traina e Alessandro Pierobon. Buona lettura.

L’ordinamento giuridico italiano, come la maggior parte dei sistemi normativi europei, non riconosce gli animali quali esseri senzienti, considerandoli pertanto privi di capacità giuridica. Ciò produce significativi effetti distorsivi sul piano della loro tutela.

Segnatamente, alla morte del proprietario, soprattutto se anziano e privo di familiari o parenti prossimi, la sorte degli animali d’affezione può spesso risultare incerta e foriera di disavventure.

Come anticipato nel video, gli animali sono sprovvisti della titolarità di diritti soggettivi e sono equiparati a delle res ex art. 812 c.c., meri oggetti di diritti reali di godimento. Nello specifico, la proprietà dell’animale è definita dall’intestazione indicata nel microchip. Dal 2005 è infatti obbligatoria (volontaria per gatti e furetti) l’iscrizione all’Anagrafe Canina di residenza o della A.S.L. competente, da effettuarsi entro il secondo mese di vita dell’animale. Nel dettaglio, il veterinario procede all’inserimento del microchip, in cui è riportato un numero univoco avente la funzione di ricondurre l’animale al soggetto che ne è responsabile.

Ciò posto, alla morte del proprietario, qualora questi non abbia espresso alcuna previsione testamentaria, il cane entra nell’asse ereditario, in quanto bene mobile, e potrà pertanto essere affidato alle cure di un erede legittimo del de cuius. Altrimenti, il proprietario potrebbe aver redatto testamento e specificamente assegnato il proprio animale d’affezione a un erede a titolo universale oppure a un legatario, reputandoli idonei a prendersene cura dopo la sua dipartita.

In buona sostanza, con la morte del proprietario, l’erede acquista un mero diritto di proprietà sul cane, che prescinde da qualsivoglia relazione affettiva con lo stesso. Infatti, sebbene per molti gli animali rivestano un ruolo non dissimile da quello degli altri componenti della propria famiglia, la loro natura giuridica corrisponde ancora a quella delle res mobiles e, per questa ragione, essi soggiacciono alla disciplina della circolazione dei beni mobili non registrati.

La realità di tale diritto determina che il proprietario ne possa disporre in modo pieno ed esclusivo (pur nei limiti della liceità della sua condotta, si pensi ad esempio ai reati di cui agli artt. 544 bis e 544 ter c.p.), sì da poterne fare oggetto di donazione per spirito di liberalità, di alienazione o, in ultima istanza, di cessione ai canili municipali (secondo le modalità previste dalla normativa regionale di specie).

Nel caso in cui, invece, si voglia anticipare la destinazione dell’animale/i prima della propria dipartita si potrà ricorrere allo strumento della donazione.

A rafforzamento della propria dazione, può accadere che il donante voglia assicurarsi la cura dell’animale donato ad opera del beneficiario della liberalità. In tal caso si parla di onere, ossia quando si ricerchino le modalità con cui un soggetto possa assicurarsi che il proprio animale venga adeguatamente salvaguardato, anche quando sia fuoriuscito dalla sua sfera di controllo.

Il fatto che l’oggetto della liberalità consista in un essere vivente, dotato di propria sensibilità, e connotato da una particolare natura, fa sì che l’impiego considerato nel modus debba apparire compatibile con siffatta natura, e rispettoso del benessere dell’animale donato.

Ai sensi dell’art. 793, comma 3, c.c., prevede, inoltre, che l’adempimento del modus possa essere richiesto dal donante e da chiunque vi abbia interesse. Possono, quindi, agire ai sensi della norma richiamata i congiunti del disponente, trattandosi della valorizzazione di un suo interesse morale meritevole di tutela. Ovviamente è parimenti legittimato l’erede/i, allorché il donante sia defunto.

Si è profilato il dubbio se possano agire gli enti deputati alla protezione animale. Al momento ciò sembra doversi escludere. Diversamente, si finirebbe con l’ampliare eccessivamente il concetto di interesse rilevante ex art. 793, comma 3, c.c., che assumerebbe tratti simili a quelli di un interesse diffuso.

Oltre al modus il donante può ricorrere all’istituto della penale. In questo caso, qualora l’onerato manchi di adempiere, sorgerà l’obbligo di fornire altra prestazione in capo ad un differente soggetto, al fine di incentivarne lo spontaneo e pronto adempimento.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
(Foto e video: Mihaela Condurache)
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