A Venezia i banchi a rotelle li portano via con le chiatte, a Montebelluna sono ancora accatastati da qualche parte e mai utilizzati. Borgia: “Inutili e dannosi”

“Solo perché una cosa non fa ciò che tu ti aspetti, non significa che sia inutile”. Sono parole sagge di un grande uomo del passato, Thomas Alva Edison, inventore e imprenditore americano, a cui anche il Museo civico di Montebelluna ha recentemente dedicato una mostra.

Tuttavia, colui che tra gli oltre mille brevetti depositati è tuttora ricordato soprattutto come l’inventore della lampadina, si rivolterebbe nella tomba se sapesse dell’esistenza dei “mitici” banchi a rotelle.

Si ricorderà che, per affrontare l’emergenza Covid e garantire il distanziamento nelle scuole, a un certo punto il ministero dell’Istruzione tirò fuori dal cilindro, per l’appunto, questa “straordinaria invenzione”.

Per la verità, questa cosa talmente seria che costò alle casse dello Stato (e quindi a tutti i cittadini) ben 119 milioni di euro, fu dal primo momento presa quasi come una burla, scatenando comici e barzellettieri.

Ma, quando arrivarono i primi esemplari, fu chiaro che scherzo non era. Banchi di ultima generazione furono definiti (e c’è da augurarsi che siano veramente l’ultima generazione di quei banchi) e ne furono consegnati 434mila, con un costo medio di 274 euro per ogni banco innovativo (contro i 93 euro per il banco tradizionale monoposto di cui fu fatta una dotazione di 2,1 milioni pezzi alle scuole italiane).

Ebbene, che fine hanno fatto quei banchi tanto innovativi? Certamente nessuna o pochissime scuole li hanno utilizzati e, ben che vada, sono ammassati da qualche parte in qualche magazzino, oppure sono andati direttamente alla rottamazione.

Nei giorni scorsi, a Venezia sono state immortalate chiatte colme di queste favolose invenzioni, destinate alla distruzione. In un’altra immagine (scattata ancora nel 2020) si vedono banchi e sedie a rotelle ammassati a bella vista in un’aula di una scuola, ad Asiago.

E a Montebelluna? Non è semplice venirne a capo e capire che fine abbiano fatto. Occorre sottolineare, tuttavia, che diverse scuole montebellunesi si rifiutarono fin dal primo momento di acquisire la dotazione fortemente caldeggiata dal governo: è il caso di Liceo Levi, Maffioli ed Einaudi Scarpa.

“Non li abbiamo mai richiesti, perché ero ben consapevole che non servissero – ci dice il dirigente scolastico del Levi di Montebelluna, Ezio Toffano -. Ricordo che arrivò anche una comunicazione in cui si preannunciava la consegna, ma telefonai e avvisai che noi non li avevamo mai richiesti”.

Sui banchi a rotelle, all’epoca, intervenne anche l’assessore regionale all’Istruzione, Elena Donazzan, che addirittura li bocciò e fece in modo che venissero ritirati, in quanto persino dannosi per la salute dei ragazzi.

Dove sono, a Montebelluna, i banchi a rotelle mai utilizzati? Lo abbiamo chiesto all’allora assessore all’istruzione del Comune, Claudio Borgia, anch’egli fin dal principio contrario ai banchi a rotelle: “Ho verificato, non si trovano nei nostri magazzini comunali, ma so per certo che da qualche parte siano stati accatastati, presumo nelle varie scuole a cui sono arrivati – dice – Ricordo che alcuni dirigenti del ministero quasi obbligarono i dirigenti scolastici ad acquistarli, ed è capitato che, quando venivano ordinati nuovi banchi, arrivassero quelli a rotelle seppur non richiesti. So anche con certezza che non sono mai stati utilizzati“.

“A Montebelluna – aggiunge Borgia – quell’estate lavorammo a lungo per trovare in ogni scuola soluzioni che garantissero il distanziamento, attraverso una programmazione che ci ha permesso di trovarci pronti per l’inizio della scuola, senza essere costretti a utilizzare quei banchi, inutili e dannosi”.

(Foto: Per concessione di un lettore).
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