Nonostante la pioggia battente abbia costretto allo spostamento nella Palestra di Onigo, l’atteso incontro con Mauro Corona e la figlia Marianna, tenutosi nell’ambito della 29ª Festa del Fagiolo Borlotto nano Levada, si è rivelato un successo di partecipazione e un’occasione per proporre una riflessione collettiva su temi quali la scrittura, la montagna e la vita.
L’evento, moderato dal professor Agostino Vendramin e organizzato dalla consigliere Cristina Fornasiero con la Pro Loco di Covolo, ha visto i due autori confrontarsi senza filtri sulle motivazioni che spingono a narrare.
A intervallare i momenti di riflessione è stata la presenza sul palco di Costante “Poiana”, amico fraterno di Corona e famoso chioccolatore. Soprannominato proprio da Mauro Corona, Costante ha incantato il pubblico con la sua arte: l’imitazione perfetta dei suoni degli uccelli, imparata fin da giovane alla storica “Fiera dei Osei” di Sacile.


Al centro del dialogo con Marianna Corona è emersa in primo piano l’esperienza della malattia oncologica, raccontata in “Fiorire tra le rocce”. La scrittrice ha spiegato come la scrittura sia nata da un’esigenza vitale: “Fiorire tra le rocce è nato per un’esigenza di sfogo, si è trattato di un memoir, dove ho raccontato la parte di vita in cui ho dovuto affrontare la malattia cercando degli spiragli; la scrittura mi ha aiutato ad elaborare questo trauma”.
Marianna ha sottolineato la potenza del racconto nel creare legami con chi affronta percorsi simili e l’importanza della richiesta di aiuto, definita la cosa “più difficile che un animo riesca a fare: ammettere una fragilità”.
La conversazione si è poi focalizzata sull’ultima fatica letteraria, “Rifugi per un tempo sospeso”. Questo nuovo libro, come ricordato dall’autrice, fonde il racconto del suo percorso di rinascita con la ricerca di un equilibrio interiore: “Nel mio nuovo libro il paesaggio diventa metafora di lotte interiori e trionfi. Dalle difficoltà legate alla malattia oncologica affrontata con tenacia, alla riscoperta dell’equilibrio e della serenità grazie alla pratica dello yoga. Un libro che ci invita a guardare la montagna non solo come un luogo fisico, ma come un rifugio dell’anima“.
Mauro Corona ha invece offerto la sua visione cruda e poetica del mestiere di scrivere e di vivere. Citando figure come Antonin Artaud e Samuel Beckett, ha definito l’atto della scrittura come un modo per sfuggire al dolore: “Nessuno ha mai scritto, scolpito, dipinto, fatto musica… se non per uscire da un inferno personale”.
Riguardo alla sua notorietà televisiva, in particolare a Carta Bianca, non ha negato la “vanità” dell’apparire ma ha giustificato l’uso del mezzo per fini superiori: “L’unico appiglio che mi salva per essere andato lì è che ho portato dei problemi di gente che non ha voce… cercando di dare voce a chi non ne ha“.


Il dialogo ha poi toccato temi universali, primo fra tutti il rapporto tra uomo e ambiente, che si è presto trasformato in una dura polemica contro l’overtourism e la massificazione dei consumi.
Corona ha criticato aspramente chi frequenta la montagna per moda, lamentando la scomparsa dell’autenticità: la ricerca di alberghi con piscina e la pretesa di degustare un gelato al pistacchio in alta quota sono state stigmatizzate dall’autore come situazioni emblematiche della corruzione di un ecosistema montano che dovrebbe vivere conservando le proprie peculiarità. Oltre a questa osservazione, feroce è la critica verso il conformismo di chi sceglie di visitare sempre i soliti luoghi per abitudine o moda, dimenticando la bellezza di mete meno sponsorizzate.
L’alpinista ha espresso un’intensa nostalgia per i luoghi della tradizione, con un particolare riferimento alla bellezza delle vecchie osterie, definite come vere “biblioteche” popolari: “La gente mi vuole bene, perché si sente rappresentata: non nella cultura – che non ne ho – ma nella chiacchiera da bar da osteria; vorrei iniziare una battaglia in difesa delle osterie. Le vecchie osterie dove ti sedevi senza frenesia e dove c’erano tante cose da imparare. Io resto legato a questi luoghi, le vere biblioteche del sapere popolare”.
(Autore: Francesco Bruni)
(Foto: Francesco Bruni)
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