Visita in moschea (con preghiera), il Ministero chiede approfondimenti. La scuola: “Genitori informati e d’accordo”

Sulla vicenda della scuola paritaria della provincia di Treviso, che avrebbe portato i propri alunni a pregare in una moschea, l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto ha tenuto a precisare che si tratta di una scuola non statale, iscritta alla Federazione Italiana Scuole Materne.

“Pur in attesa che si definiscano meglio i dettagli dell’accaduto, su incarico degli uffici centrali del Ministero dell’Istruzione e del Merito, l’USR per il Veneto ha avviato gli opportuni approfondimenti, tesi in particolare a verificare se siano state rispettate, tra l’altro, le norme sulla parità scolastica”, si legge nella mota inviata dall’Ufficio scolastico regionale.

“Si ricorda che anche per questa istituzione, come per tutte le scuole statali e paritarie, vigono le regole dell’autonomia scolastica, da cui discende la necessità di dotarsi del proprio progetto educativo, specifico, autonomo e condiviso con le famiglie. A questo progetto educativo le insegnanti e il coordinatore scolastico devono attenersi, come richiesto dalla Legge n. 62/2000 sulla parità scolastica, per ogni tipo di attività progettuale”.

Nel frattempo, sulla vicenda che tante polemiche ha suscitato in queste ore, con varie prese di posizione, don Andrea Sech, legale rappresentante della scuola dell’infanzia “Santa Maria delle Vittorie” di Ponte della Priula, Stefania Bazzo, direttrice, e Stefania Pillon, insegnante, hanno rilasciato una breve comunicazione che pubblichiamo.

“Mettere al centro i nostri bambini e il loro bisogno di essere accompagnati nella crescita ci ha fatto scegliere di andare a visitare il ‘Centro Culturale Emanet’, accolti e accompagnati dall’imam Avnija, che ben conosciamo. I genitori erano stati informati e avevano dato il loro consenso. La scelta rientra nel progetto educativo della scuola – che riprende le linee nazionali – e che tiene in considerazione la presenza di tante culture e nazionalità tra i bambini della scuola stessa”.

“I nostri bambini, cristiani e di altre religioni, frequentano consapevolmente una scuola cattolica, ricca di segni e azioni tipicamente cristiane. Il più semplice e quotidiano è il segno della croce per i pasti (lo fanno i cristiani, gli altri lo vedono fare), ma non mancano il presepio in collaborazione con le famiglie, la proposta di una messa della parrocchia per l’Avvento, la celebrazione a inizio Quaresima e così via”.

C’era il bisogno di vivere una reciprocità reale, per comprendersi e valorizzare le diversità: se già è abbastanza chiaro che cosa è essere cristiano perché lo si vede tutti i giorni nella scuola, se qualche occasione c’era stata per parlare del Ramadan, mancava il toccare con mano l’esperienza di altre religioni, come quella musulmana. Toccare con mano: un bambino della scuola dell’infanzia ha bisogno di vedere, toccare, sentire, sperimentare, incontrare persone. È così che è nata la visita al Centro Culturale ed è così che i bambini hanno vissuto l’esperienza”.

“Facciamo alcune precisazioni su quello che si è vissuto. L’Imam è stato accogliente e preciso nel far cogliere le somiglianze e le differenze tra il suo ruolo e quello di don Andrea, il parroco; ha saputo comunicare quello che si fa al Centro senza creare confusione nella testa di tutti i bambini. Nel momento di spiegare come si prega, è stato ovvio per i bambini provare a inginocchiarsi, perché un bambino vive così l’entrare in nuove esperienze e capirle. I bambini non hanno pregato in quella posizione: hanno provato a sentire quello che sente un loro amico quando sta così. Alle maestre non è stato chiesto di mettere il velo: lo hanno fatto loro per rispetto, consapevoli che quello è l’uso in un luogo di culto musulmano. La preghiera per gli altri bambini del mondo e per la pace fatta assieme ha permesso, nelle parole, di stare tutti sotto lo sguardo del proprio Dio: non è stato chiesto ai bambini di scegliere quale Dio, ma di pregare ciascuno nel suo credere e di sentirsi in questo ‘fratelli di tutti'”.

“Crediamo nell’esperienza proposta che fa crescere ulteriormente l’apertura verso la molteplicità culturale, il rispetto, l’accoglienza, pane quotidiano del vivere assieme nella nostra scuola”.

“Ascoltare il racconto che le insegnanti hanno fatto, mettersi nei panni dei bambini guardando le foto… avrebbe forse aiutato a cogliere quello che si è vissuto e che i protagonisti ci hanno comunicato alla loro maniera: un incontro di conoscenza reciproca, di accoglienza, di sorpresa, di stimolo a vivere bene ciascuno alla sua maniera”.

(Autore: Redazione Qdpnews.it)
(Foto: Archivio Qdpnews.it)
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