“Da Picasso a Van Gogh”: 61 capolavori a Santa Caterina nella mostra evento firmata da Marco Goldin

Marco Goldin alla vernice della mostra

Treviso si prepara a vivere un momento di eccezionale respiro internazionale con l’inaugurazione della mostra “Da Picasso a Van Gogh. Storie di pittura dall’astrazione all’impressionismo. Capolavori dal Toledo Museum of Art”. L’esposizione, curata da Marco Goldin, porta al Museo Santa Caterina un nucleo di 61 capolavori di altissimo prestigio, provenienti dal Toledo Museum of Art, nominato nel 2025 il miglior museo degli Stati Uniti, per un valore complessivo stimato in un miliardo di euro.

In calendario da domani sabato 15 novembre al 10 maggio 2026, l’evento è il frutto di un progetto ambizioso, di un’efficace sinergia tra istituzioni e partner privati, che consacrano la città come polo culturale di primo livello nel panorama europeo.

L’eccezionalità della mostra risiede nel fatto di essere l’unica tappa europea di questo corpus di opere. Inoltre, è interessante sottolineare come l’allestimento, interamente concepito da Marco Goldin, si articoli in un progetto espositivo originale, frutto di una precisa elaborazione teorica.

ll percorso è strutturato in un suggestivo viaggio a ritroso nella storia dell’arte, partendo dall’astrazione americana più recente fino ad arrivare ai capolavori ottocenteschi. Goldin ha spiegato che la sua intenzione è sempre quella di costruire una narrazione: “Non mi piace né avere una mostra-pacchetto che gira, né lavorare semplicemente sull’esposizione di quadri; mi piace costruire delle storie” ha affermato il curatore, precisando: “Ho chiesto la possibilità che il museo accettasse una mia rivisitazione completa. E mi è stato concesso”.

Il filo rosso concettuale che unisce l’intera mostra si manifesta nell’accostamento della prima e dell’ultima opera: Ocean Park numero 32 di Richard Diebenkorn e il celebre Campo di grano con falciatore a Auvers di Vincent Van Gogh. “Due colori a dominare il tutto: il giallo e l’azzurro” ha sottolineato Goldin, descrivendo l’intensità emotiva che accomuna i due dipinti a 80 anni di distanza. “Dal punto di vista tecnico palesemente diversi, ma uniti dal punto di vista dell’emozione che c’è dentro”. Il giallo, in particolare, viene visto come “l’ultimo brandello di resistenza nel voler restare nella vita su questa terra” di Van Gogh, contrapposto all’azzurro, ovvero alla “necessità di volare via”.

Il percorso espositivo affianca, in un suggestivo e continuo dialogo, le grandi figure dell’arte europea e americana dell’Ottocento e del Novecento. Si incontrano Piet Mondrian e i grandi dell’astrazione d’oltreoceano (da Morris Louis a Helen Frankenthaler), per poi toccare i maggiori rappresentanti delle avanguardie (Picasso, Matisse, Modigliani, Braque, Klee, Delaunay), fino all’Impressionismo e Post-Impressionismo con maestri come Cezanne, Monet, Gauguin, Renoir, Caillebotte e l’arte sublime di Hopper.

L’itinerario culmina con l’ultimo spazio interamente dedicato al capolavoro di Vincent van Gogh, “Campi di grano con falciatore, Auvers”, affiancato da un film appositamente realizzato per questa circostanza.

ll viaggio a ritroso inizia idealmente nella Sala 1 con uno dei massimi interpreti dell’astrazione americana dopo la metà del secolo scorso, Richard Diebenkorn. Per Diebenkorn, l’astrazione non è un’assenza del vedere ma la trasformazione di quel vedere nei movimenti dell’anima, in una vera e propria visione interiore. Il grande spazio americano si struttura nei suoi lavori in ampie campiture di colore. Ciò che questi artisti avevano tratto dalle Ninfee di Monet, una cui versione di grande formato chiude la sala, era la possibilità di far salire in superficie la trama della pittura, per farla diventare una profondità visibile.

La Sala 2 è dominata dal grande quadro di Morris Louis, esponente di maggior fascino del Color Field Painting, e chiude la prima parte dedicata a quella stagione in America tra gli anni Cinquanta e Sessanta. L’approfondimento si estende poi alla pittura astratta americana che, tra gli anni Trenta e Quaranta, esce dalla scomposizione cubista toccando punti di tangenza con Mondrian o con il costruttivismo russo. Tra questi, spicca Charles Sheeler, esponente del cosiddetto Precisionismo. Non manca infine Max Beckmann, uno tra i pittori tedeschi più importanti, abile nel tenere insieme la lezione di grandi del passato come Rubens e Delacroix, con le novità formali di Picasso.

Nella Sala 3 si torna per un momento alla dimensione dello spazio eroico, fondante della ricerca per i pionieri americani e poi per gli astratti: l’esserci, il navigare fisicamente quello spazio. Così Lyonel Feininger dipinge paesaggi che sono una sospensione, un galleggiare in territori che sono dell’anima e della visione insieme, dentro un’essenzialità che è anche quella delle superfici eleganti e sinuose di Ben Nicholson. La coppia di quadri di Tanguy introduce poi nella dimensione esplicita del Surrealismo, con strutture minerali che dagli anni Trenta in poi vagano in spazi che sentono il fascino di pianure infinite, segnando il contatto con il territorio del sogno.

La Sala 4 si sofferma sul rapporto tra le figure e lo spazio della natura, un tema che ha toccato vertici assoluti nel Rinascimento e che sta alla base delle conquiste dei pittori del realismo francese e poi soprattutto degli impressionisti. Lo si vede qui nelle opere di Gustave Courbet, Camille Pissarro e Berthe Morisot. Contemporaneamente, al di là dell’Atlantico, artisti come William Merritt Chase risalgono all’esempio dei grandi maestri francesi. La sala si conclude con Bonnard che, al pari di Matisse, evoca morbidezze del colore che, soprattutto nelle immagini del sud della Francia, sono veri e propri arabeschi.

Nella Sala 5 si confrontano alcuni tra i più grandi pittori di natura morta dell’Ottocento e del Novecento. Nonostante fosse un genere di grande fortuna ma poco centrale nella scala accademica, qui si vedono opere che spaziano dalla tentazione quasi astratta in Giorgio Morandi alla lezione tardo cubista in Braque. È interessante il passaggio sulle nature morte al tempo dell’Impressionismo, con le opere di Pissarro (nel suo rapporto fecondo con Cezanne) e di Fantin-Latour e sua moglie Victoria Dubourg, entrambi legati alla lezione di Chardin.

La Sala 6 mette a confronto le visioni della natura ancora memori dell’Impressionismo in George Hitchcock e la ricerca di un’espressione moderna di Robert Henri, sebbene il suo quadro del 1911 derivi ancora dal naturalismo. L’educazione parigina domina in artisti americani come Warner e Van Gorder. L’Impressionismo è anche chiaramente alla base delle ricerche di Paul Signac che, assieme a Georges Seurat, fu protagonista dell’ottava e ultima mostra impressionista. Il superamento dell’Impressionismo avveniva nella rilevanza dei colori accostati e non più mescolati, un linguaggio che Gauguin e Van Gogh resero ardito e che aprì la strada alle diverse avanguardie del colore del primo Novecento.

La Sala 7, assieme a quella più piccola adiacente, contiene splendidi ritratti e figure che discendono da Matisse e Hopper fino a Manet e Degas. Il silenzio e la solitudine delle figure a teatro di Hopper dominano la scena, nella straordinaria rappresentazione dell’uomo moderno in un’atmosfera di sospensione. Prima di giungere, con Picasso, Modigliani e De Chirico, alla stagione parigina in cui questi straordinari ritrattisti incarnano il senso di una malinconia talvolta senza soluzioni. I capolavori di Manet, Degas e Renoir segnalano con forza l’importanza del ritratto tra gli impressionisti, per cui il centro diventa lo sguardo che immette nelle profondità della coscienza.

L’ultima Sala 8 raccoglie alcune delle esperienze più alte del paesaggio impressionista e post impressionista. Si parte da James Whistler, che si concentra poco sulla riconoscibilità dei luoghi e molto di più sul dato atmosferico e visionario. Da Sisley (1874) si passa a Renoir e Caillebotte, sintetizzando il passaggio dalla pittura di plein-air alla sua riconsiderazione. La relazione artistica, di ammirazione e rispetto, di Gauguin nei confronti di Cezanne è evidente nei due quadri accostati, che segnano il superamento dell’Impressionismo canonico e il passaggio dall’impressione alla sensazione: il vedere fisico corretto dall’interpretazione. Ciò che tante volte ha a che fare con un colore che è l’adesione a un mondo che confina sempre con la forza dell’interiorità, come nel capolavoro di Van Gogh in fondo alla sala.

ll progetto è stato reso possibile grazie a una profonda sinergia tra pubblico e privato, un modello virtuoso sottolineato con orgoglio dall’Amministrazione comunale. “Devo dire che è una giornata davvero emozionante – ha esordito il sindaco Mario Conte -. Questo è il Modello Treviso dove tutti — dai commercianti ai cittadini, alle imprese, agli istituti di credito — uniscono le forze per un risultato più grande di territorio: abbiamo messo al centro la bellezza e la qualità della proposta”.

Un entusiasmo condiviso anche dal mondo economico. “Ricordo perfettamente quando abbiamo detto: ‘sì, ci siamo’, perché questa è un’occasione straordinaria per la città e per il territorio”, ha dichiarato Francesco Rossato, rappresentante della Camera di Commercio di Treviso.

Le associazioni di categoria hanno trasformato l’evento culturale in una vera e propria leva economica e turistica. Federico Capraro, presidente di Ascom Confcommercio Treviso, ha sottolineato come la collaborazione tra cultura e impresa miri a portare l’arte fuori dalle mura museali: “Con le sagome dei capolavori esposte nelle vetrine e nelle strade del centro, ci impegniamo a portare l’arte fuori dal museo e dentro la città. L’internazionalità dell’evento è una grande spinta per i turisti a soffermarsi più del classico paio d’ore”.

Anche il Consorzio di Tutela del Prosecco DOC, main partner dell’iniziativa, ha confermato il proprio ruolo di ambasciatore del territorio: «Il nostro sostegno riflette l’impegno a promuovere un dialogo concreto tra cultura, territorio e produzione di qualità» ha concluso il presidente Giancarlo Guidolin.

Un progetto corale, dunque, che restituisce a Treviso l’immagine di una città capace di sognare in grande, di unire energie diverse in nome della bellezza offrendo a cittadini e turisti un’occasione di arricchimento culturale unica in Europa.

(Autore: Francesco Bruni)
(Foto e video: Francesco Bruni)
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