Ecco il messaggio di auguri del vescovo di Treviso, monsignor Michele Tomasi, alla sua Diocesi:
“Celebriamo quest’anno il Natale durante il Giubileo, pellegrini di speranza.
Ma lo celebriamo in un contesto mondiale che ci opprime con notizie di guerre, di ostilità, di lutti, di incapacità a costruire pace o anche solo di stabilire tregue stabili e durature. Anche quando ci guardiamo intorno e riflettiamo sulle relazioni che viviamo, sentiamo la fatica ad essere una comunità almeno un po’ coesa, e la difficoltà a vivere esperienze di vitalità e freschezza, aperte al futuro, tanto nella società civile, quanto persino all’interno della Chiesa. Viviamo un tempo triste, dove sembra che i motivi di lamento e di difficoltà siano quelli predominanti, e facciamo fatica ad esprimere davvero parole e gesti di speranza.
Vediamo un’Europa che non sa trovare prospettive credibili per continuare ad essere un progetto di pace e di sviluppo umano, e la vediamo trafitta dalla guerra in Ucraina, così vicina a noi, così violenta ed ingiusta, senza vere prospettive di pace.
Se proviamo a guardare alla terra in cui è nato Gesù, vediamo macerie fisiche e soprattutto umane, una seminagione di odio che rischia di far germogliare frutti amari e dolenti per anni e anni. E guardando al mondo intero sembra che la cieca potenza e l’arbitrio dei forti siano ancora una volta l’unica legge che i popoli debbono inchinarsi a rispettare, e a subire.
Non è certo la prima volta che ci troviamo a provare a farci gli auguri in un tempo che sentiamo difficile, e proviamo a trovare dei motivi convincenti per auguri sinceri e convinti. Cerchiamo segni, parole e gesti di speranza. Guardiamo ai fratelli e alle sorelle nella fede che in Terra santa si ostinano a rimanere in una terra martoriata, e ad essere comunità che cerca nella fede nel Signore motivi di perdono e riconciliazione. Il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha recentemente affermato che “c’è ancora molto da fare. Ogni gesto di riconciliazione, ogni parola di verità, ogni atto di fede nel futuro è seme per la pace che prepara la strada per la riparazione e la redenzione del mondo”.
Cerchiamo insieme anche nelle pieghe delle nostre vite, delle famiglie, delle comunità, sulle strade e per le vie delle nostre città semi di speranza e di riconciliazione, di solidarietà e di dignità umana. Guardiamo a chi fa fatica a vivere e a sperare, a chi è escluso dalle nostre mense e dai nostri cuori, non tiriamoci indietro e scopriremo una forza che viene a sorreggerci a trasformarci quando ci prendiamo cura dei fragili e dei deboli, una forza che ci dà coraggio e squarcia i cieli plumbei dell’indifferenza e del sospetto reciproco.
Guardiamo ad occhi aperti e con realismo al bimbo deposto da Maria e Giuseppe nella mangiatoia, perché per loro non c’era posto. In quel bimbo così radicalmente umano sapremo vedere Dio solamente se staremo dalla parte dei pastori che vegliavano all’aperto, nel buio della notte.
Sentiremo già presenti i cori angelici che cantano «gloria» e «pace», soltanto se staremo dalla parte dei poveri: “il cristiano non può considerare i poveri solo come un problema sociale: essi sono una «questione familiare». Sono «dei nostri»” (Leone XIV, Dilexi te, 104).
Sono «dei nostri» i poveri di risorse, di denaro e di casa, di lavoro e di accoglienza. I poveri di cultura, i poveri perché ammalati, anziani, fragili o soli. Sono illuminati dal bimbo di Betlemme i nostri compagni nel pellegrinaggio della vita, quelli che non hanno “strumenti per dare voce alla propria dignità e alle proprie capacità”, coloro che non sanno dare respiro alla propria vita spirituale o che per molti motivi sono poveri di libertà, o di diritti.
Con loro potremo essere come i pastori davanti alla mangiatoia.
Con loro, stando della loro parte, potremo gettare anche noi semi per la pace.
Ecco il luogo per auguri di buon Natale autentici, sinceri e fecondi di speranza. Ecco i «presepi» quotidiani in cui nasce per noi il Figlio della consolazione, in cui germoglia l’amore che dà sostanza alla vita, dove splende la luce che illumina i cuori e li riscalda, e dove non saremo mai più soli o abbandonati.
Ecco dove impareremo l’amore dal Bimbo nella mangiatoia, da Maria e da Giuseppe. Ce lo insegna con parole poetiche e profetiche papa Leone: “L’amore cristiano supera ogni barriera, avvicina i lontani, accomuna gli estranei, rende familiari i nemici, valica abissi umanamente insuperabili, entra nelle pieghe più nascoste della società. Per sua natura, l’amore cristiano è profetico, compie miracoli, non ha limiti: è per l’impossibile. L’amore è soprattutto un modo di concepire la vita, un modo di viverla. Ebbene, una Chiesa che non mette limiti all’amore, che non conosce nemici da combattere, ma solo uomini e donne da amare, è la Chiesa di cui oggi il mondo ha bisogno” (Leone XIV, Dilexi te, 120).
Questo amore nasce per noi a Natale. Ecco la fonte della speranza. Ecco il fondamento della gioia. Ecco il seme della giustizia e della vita”.


(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
(Foto: Diocesi di Treviso)
(Articolo di proprietà di Dplay Srl)
#Qdpnews.it riproduzione riservata








