Terza puntata della nuova rubrica di Qdpnews.it – Quotidiano del Piave, “Prendiamola con Filosofia”: accompagnati dal professor Simone Ferraro del Collegio vescovile Pio X di Treviso proseguiamo il viaggio a puntate alla scoperta di questa disciplina antica e fondamentale, quanto mai preziosa in questi tempi contrassegnati da cambiamenti (iper)veloci e a volte contraddittori. Buona lettura!
Spesso usiamo l’espressione “prendila con filosofia!” come un semplice invito alla calma o alla rassegnazione. In realtà, “prendila con filosofia!” significa qualcosa di molto diverso: è un invito a non accettare le cose così come si presentano o ci vengono presentate, ma a metterle in discussione, a osservarle e a interrogarle. Accettare questo invito, quindi, significa assumere una posizione attiva e consapevole nei confronti di ciò che stiamo vivendo, anziché subirlo in modo passivo. Si tratta, insomma, di un cambio di atteggiamento profondo.
Come ci suggerisce Eraclito, è un po’ come “svegliarsi” dal sonno dell’abitudine. Questo ci porta, come indica Pitagora, ad andare allo “stadio”, cioè approcciarci alla vita non come semplici spettatori o partecipanti distratti, ma per diventare osservatori critici e curiosi di ciò che accade.
Ma cos’è che ha il potere di “svegliarci” dal sonno dell’accettazione passiva e di farci indossare i panni dell’osservatore critico e curioso? Secondo Aristotele, la chiave è la meraviglia e la sua immediata conseguenza: la consapevolezza della propria ignoranza, cioè l’ammissione di “non sapere”, il “sapere di non sapere”.
La meraviglia è un sentimento potente che si manifesta quando la realtà si presenta in un modo inatteso, che non avevamo mai considerato. È quel sentimento che nasce quando ci troviamo di fronte a qualcosa che intuiamo essere più grande di noi, qualcosa che ci lascia senza parole, sbigottiti, sorpresi, stupefatti, o persino shockati. È un sentimento che ha il potere di scuotere le nostre abitudini e le nostre convinzioni più profonde, che sono per lo più inconsce.
Prendiamo un esempio che può sembrare banale o estremo, ma che in realtà è molto profondo: tutti sappiamo che nasciamo e moriamo. Non c’è nulla di strano o inaspettato in questo, tanto che lo diamo per scontato e non ci pensiamo mai. Eppure, quando ci capita di perdere una persona che amiamo, ne rimaniamo profondamente toccati. Ci troviamo a fare esperienza di qualcosa che ci sovrasta e ci lascia senza parole. È proprio qui che si presenta la meraviglia ed è a partire da qui che possono nascere domande semplici ma radicali: “perché nasciamo e moriamo?”, “perché dobbiamo morire?”. L’apertura a questo tipo di domande alimenta il fuoco della meraviglia e ci invita a interrogarci sulla realtà, sul senso della nostra vita e sulla direzione che le stiamo dando.
Pensiamo ai bambini e a quella fase della loro crescita in cui non smettono mai di chiedere: “perché?”. È un’età permeata di meraviglia, in cui il bambino si trova di fronte a un mondo che sta imparando a conoscere e che ha un bisogno viscerale di esplorare e capire. È un periodo fatto di continue scoperte e un’insaziabile curiosità, che spesso mette alla prova i genitori.
Tutti noi siamo stati bambini, ma crescendo abbiamo perso il bisogno immediato e il piacere di farci domande. Abbiamo iniziato a nutrirci delle risposte che nel frattempo abbiamo accumulato, e abbiamo finito per accontentarci di vivere così come abbiamo già imparato a fare.
“Svegliarsi”, allora, significa recuperare quella capacità di stupirsi che spinge il bambino ad interrogarsi su ogni cosa. Il bambino, nel suo stato di curiosità ingenua e primordiale, “sa di non sapere”. Proprio per questo è aperto a imparare. L’adulto, al contrario, spesso pensa di sapere già tutto, o quanto meno di avere risposte sufficienti. Di conseguenza, non è più curioso di nulla e crede di non aver bisogno di sapere altro, perché gli basta ciò che pensa di sapere.
Ecco perché senza meraviglia e senza consapevolezza della propria ignoranza non può esserci filosofia. La filosofia, infatti, non è l’insieme delle risposte date dai grandi pensatori, è invece l’insieme delle domande da cui scaturiscono quelle risposte. Filosofare, in sintesi, è domandare.
Ma che tipo di domande pone la filosofia? Ne parleremo nel prossimo video.
Abstract
Questo video si concentra sull’origine della filosofia, identificando la meraviglia e la curiosità come i motori principali del pensiero filosofico. La meraviglia, intesa come stupore e disorientamento di fronte a ciò che si dà per scontato, spinge l’essere umano a mettere in discussione le proprie certezze e a porre domande critiche.
Il video cita Aristotele, secondo cui non c’è filosofia senza meraviglia, e sottolinea che, come i bambini che cercano continuamente di capire il mondo, il filosofo mantiene questa attitudine. Si menziona anche la figura di Socrate, che riconosceva la propria ignoranza come punto di partenza per porsi nuove domande e iniziare a filosofare.
In sintesi, il cuore e il motore della filosofia non sono le risposte bensì le domande che nascono dall’ammissione di non sapere e dalla volontà di andare oltre le apparenze, per cercare una conoscenza più profonda.
La parola ai filosofi: Aristotele
“Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: dapprima, perché si meravigliavano delle difficoltà più ovvie; in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi maggiori, come quelli dei mutamenti della luna e di quelli del sole e degli astri, o quelli della generazione dell’universo.
Ora, chi prova stupore e meraviglia riconosce di non sapere; […]. Dunque, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che essi perseguirono la conoscenza per il solo scopo di sapere e non per ricavarne qualche utilità pratica. E ne è prova il fatto che, quando già c’era tutto ciò che serviva sia al piacere sia alle necessità della vita, allora si cominciò a cercare questa disciplina. È chiaro, dunque, che noi non la cerchiamo per nessun’altra utilità, ma, come chiamiamo “uomo libero” colui che è fine a sé stesso e non è asservito ad altri, così anche questa scienza è la sola “libera”, giacché essa sola è fine a sé stessa.”
(Aristotele, Metafisica, Libro I, Capitolo 2, 982b – 983a)
In questo testo, Aristotele ci dice che, fin dall’antichità, la meraviglia è stata la vera molla della conoscenza e dello sviluppo dell’umanità. Ci spiega che gli esseri umani hanno iniziato a filosofare proprio a causa di quello stupore, quel disorientamento – la meraviglia appunto – provato di fronte a ciò che non comprendevano: dalle piccole o grandi difficoltà concrete di tutti i giorni, fino ai grandi misteri del cosmo.
Ma non è tutto. Aristotele collega direttamente la meraviglia al riconoscere di non sapere. Questo è il punto cruciale: ammettere la propria ignoranza non è una debolezza, ma il motore che spinge alla ricerca della conoscenza. È solo quando ci rendiamo conto di non possedere tutte le risposte che si accende in noi il desiderio di andare oltre ciò che è scontato.
Ma c’è ancora di più. Aristotele sottolinea che questa ricerca della conoscenza, la filosofia, è l’unica attività umana veramente “libera”. Cosa significa questo? Significa che la capacità di porre domande, di non accontentarsi e di mettersi in cammino per cercare risposte, è un profondo atto di libertà. È l’esercizio di una mente che non si limita a subire la realtà, ma la interroga attivamente, scegliendo di esplorare l’ignoto e di formare le proprie risposte. È questa ricerca autonoma che ci rende veramente liberi nel pensiero e creatori di sviluppo e civiltà.
Domande per la riflessione personale
Quando ti trovi di fronte a un problema che non sai risolvere o a una situazione che non ti sai spiegare, come reagisci? Tendi ad assumere un atteggiamento passivo di rassegnazione e rinuncia, oppure un atteggiamento attivo di ricerca che ti porta a esplorare e approfondire?
Ti è mai capitato di provare quella sensazione di meraviglia profonda, quel momento in cui ti sono mancate le parole di fronte a qualcosa che hai intuito essere più grande di te? Cosa ti ha lasciato così sbigottito e quali domande sono nate in te da quell’esperienza?
Pensando alla tua quotidianità, in quali ambiti tendi a comportarti come l’adulto che “pensa di sapere già tutto”, e in quali invece riesci ancora a mantenere la curiosità e la sete di domande tipiche del bambino?
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
(Foto e video: Mihaela Condurache)
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